Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
L'altroieri credo c'era un'intervista ad Alan Bennett (su laRepubblica) di cui lessi un libro che non mi era particolarmente piaciuto nonostante l'esaltazione di chi me lo consigliava (La cerimonia del massaggio). Questa nuova uscita (Una vita come tante) mi tenta e rivedo la mia posizione ostracistica. Forse lo acquisterò. Dicevo, l'intervista. Enrico Franceschini chiede: "Un altro critico inglese nota che questo suo libro esalta la dignità delle vite anonime, delle esistenze di poco conto". Bennett risponde: "I miei genitori erano persone così. Non pensavano di valere molto, ma non se ne dolevano. Non avevano grandi aspettative. Non sarebbero mai voluti finire in prima pagina. Oggi si pensa che, se uno non ha 15 minuti di fama, magari in tivù, è come se non esistesse. Se c'è un aspetto di cui essere nostalgici, riguardo al passato, è questa capacità di essere contenti anche restando ai margini, senza bisogno di dare nell'occhio".
Dovremmo tutti saper volare a pelo d'acqua o sotto. A dispetto della nostra naturale goffaggine, con una sorprendente facilità. Il ricavo quasi casuale di un tuffarsi così come si è contro qualcosa che è più grande e vasto di noi. Per noi. Magari vista da fuori una ginnastica non particolarmente articolata e ridicola ma efficace. Ho ripensato a tutto questo rivedendo Sabrina con Audrey Hepburn. Se il mondo si dividesse in Monroiani e Hepburniani io starei sempre con i secondi. Avete presente? La romantica Sabrina che crede nell'amore a dispetto delle impossibilità determinate dal suo status sociale. Sbaglia, perde (o sembra perdere) e nel perdere conquista. Tutto succede quando scopre che può tuffarsi com'è (nell'amore), senza cercare altrove quella sicurezza che non ha di partenza. Lo scopre altrove (a Parigi) e lo riporta nel mondo fatato e ingenuo a cui prima aveva però un accesso ridotto (fatto di inutili incantamenti) e in cui scopre poi di avere un accesso totale. Quando smette di aspettare, sperare che qualcosa accada fuori di lei solo allora è capace di farlo accadere. Per due volte e la seconda è la volta giusta (perché è vera e non è esterna, mitizzata). penso a questo quando penso al miracolo dell'essere semplici.
Di che cosa ha bisogno Irene? Irene ha bisogno di una sosta, di qualcosa di dolce, di una pausa prima di arrivare al suo concerto. Irene è stanca, spossata dal viaggio. Persino la voce le è calata. Irene non ce la fa più. E anche noi, tutto sommato.
Di Carvelli (del 29/11/2010 @ 15:02:13, in diario, linkato 1020 volte)
Mi sono spesso domandato il senso delle citazioni di letteratura nella letteratura. Non mi riferisco qui agli esergo, di per sé già un genere. Di per sé meritevoli di attenta osservazione e studio (quale necessità, quale urgenza, quale giustificazione?). Penso, invece, a quando versi o frasi d’altri entrano in libri di altri. Oggi vi parlerò di due citazioni di citazioni e dell’effetto che mi ha fatto trovarmele davanti, a scatola cinese, in due libri che sto leggendo con ammirazione. “A Lida, da un povero Asra, che dopo aver amato muore in silenzio”. Questa è una citazione rivisitata da Heinrich Heine ed è in Vasilij Grossman “Vita e destino”. "Cesso di esistere, talmente son tutto”: è, invece, tratta da Jules Romains ed è in un bellissimo libriccino antico di cui mi è stato fatto dono e di cui purtroppo non ho ancora parlato. “Canti d’uccelli e musiche d’insetti” di Marcel Roland. Nel caso della prima citazione mi piacerebbe sapere se nell’originale l’autore parla dell’amore fisico. Ma forse poco conta. A me servirebbe saperlo. Non mi piace e mi piace l’idea che dopo aver amato si muoia, di una morte senza voce, vuota di parole. Che importa se succede dopo l’amore del corpo o dopo l’amore dell’anima. Ed esiste, poi, una dicotomia così netta? La seconda citazione è invece inebriante di panismo. Nella mia ascesi buddista, nel mio credo in Orazio e Thoreau, nel mio innamoramento naturalistico. In tutti questi aspetti sembra parlarmi in un tono inequivocabile. Inequivocabilmente assonante. Saremo veramente tutto quando non saremo niente. Non so se queste due citazioni a casa vostra stanno bene insieme. In casa mia dormono nello stesso letto. Le ospito nella stessa stanza. Anzi, se è bel tempo, le faccio dormire fuori. In un’ora calda del pomeriggio. Su un’amaca, sulla sabbia, sull’erba. Mi serve solo sapere se l’amore c’è stato davvero. Ma so che c’è stato se ora c’è silenzio, se tutto è vuoto, se tutto sembra avere ora una fine. Perché tutto inizia da qui.
Ancora Vasilij Grossman, ancora Vita e destino. Ci sono delle pagine bellissime dedicate all'amore tra Darenskij e la Sergeevna (leggetele! pag.279-81). Cito: "Lo disse piano, quasi volesse fargli intendere, o forse solo sentire, che potevano sperare in una conversazione a due, tutta loro, una di quelle converazioni che ti fanno correre i brividi lungo la schiena, l'unica conversazione che conti tra un uomo e una donna".
Una cosa normale? Non proprio perché mai è normale. Ricito: "Darenskij era turbato e scosso da quell'improvviso sentimento. Non riusciva a farci il callo, ogni volta gli sembrava la prima. La sua grande eperienza con le donne non era mai diventata abitudine; l'esperienza era una cosa, il piacere dell'infatuazione un'altra. Da questo, del resto, si riconoscono gli autentici dongiovanni".
Dopo c'è una presa di coscienza. Ma breve: "Sapeva che certe infatuazioni non avevano mai portato a niente di buono, e gli tornò in mente una frase di Kuprin, o forse era di un qualche autore straniero, sull'amore che è come il carbone: scotta quando arde e sporca quando è freddo..."
Fa tanti buoni propositi si riaddormenta ma poi, quando si risveglia, il primo pensiero rimane quello: andare a trovarla.
Ancora Vasilij Grossman, ancora Vita e destino. Ancora letteratura nella letteratura. Citando Volosin: "Non ho scelto io quando venire al mondo,/ anno, luogo, regno, nazione/ per patire le pene della coscienza/ e dell'acqua e del fuoco il battesimo". Ieri si è tolto la vita Mario Monicelli.
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