Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Leggo settimanalmente Internazionale. A parte un piccolo rituale collettivo-lavorativo, la lettura dell'oroscopo a cui riserviamo le peggiori energie confortevoli di cui disponiamo (questa settimana stupefacenti trasformazioni), non manco mai di vedere la foto del pianeta visto dalla spazio (in questo numero il lago Aral), la rubrica di Milana (questa puntata il maschio latino cellularizzato), le cartoline disegnate (stavolta Denis Deprez, da Canton: bellissime), le vignette (grandiosa la matrioska ecografizzata), le strisce (non sempre la pioggia è una danza che piace), i davvero? di O'Connor (bere o non bere acqua durante i pasti?). Ma spesso le poesie. Quella di questa settimana è bellissima.
La via nomade
Per andare alla fine del tempo Che scarpe che sandali d’aria No null’altro O tenero giorno che un filo sottile d’estate Attorno alla caviglia
Non è l’ombra la cosa che cerco Neppure l’umile segno Della sosta sotto i palmizi Tranquilli né l’acqua né l’angelo
Custode delle oasi Io cerco il sentiero che dura Per sempre per sempre per sempre
Anne Perrier
Nella metropolitana di Roma ieri ho letto queste utili avvertenze...
In particolare è vietato - usare le scale mobili a piedi nudi - posare sui gradini biciclette, ombrelli, carrozzine, carrelli, cani, pacchi ecc. - sedersi sui gradini - far strusciare i piedi sulla balaustra e contro i montanti dei gradini - gettare sigarette o qualsiasi altro oggetto, anche biglietti sulle scale - usare i dispositivi di arresto delle scale, se non in casi di effettiva, urgente necessità
Dopo aver letto questi divieti ho pensato di comporre, alla luce della giornata, una lista dei miei
In particolare è vietato - fare discorsi in cui si parla male degli uomini e bene delle donne e viceversa (e comunque mai pronunciare la parola "evirazione" davanti a un uomo) - lamentarsi che sono cinque giorni che piove se non in casi di effettiva, urgente necessità - sedersi sulla sedia davanti alla tua se non espressamente invitati a farlo - produrre fastidiosi rumori con la bocca come se si stesse per espellere qualcosa dalla gola, farsi scrocchiare le ossa, soffiare insistentemente col naso senza avere davanti un fazzoletto - provare a fare centro nel tuo cestino della carta (senza fare centro) - arrestare di colpo la conversazione lasciando sentenze inappellabili senza possibilità di replica, se non in casi di effettiva, urgente necessità
Di Carvelli (del 01/12/2010 @ 15:36:51, in diario, linkato 1623 volte)
A.H. So che per lei e per certi critici tutti i miei film si rassomigliano, ma curiosamente, per me ciascuno di essi rappresenta una cosa interamente nuova.
F.T. E’ naturale. Lei si è sempre lanciato in nuove esperienze ma mi sembra che non l'abbia mai abbandonata prima di averla espressa in una forma completamente adeguata e qualche volta per realizzare questa idea ci sono voluti diversi film.
Questo dialogo trovasi in quel campionario di intelligenza visiva e non solo che è l'intervista di Truffaut a Hitchcock. Mentre nel mio blog campeggia la frase di Bianciardi che si ripropone di riscrivere sempre lo stesso libro. Ho ripensato a tutto questo rivedendo l'ennesimo dissimile film di Ozon. Anche se per questo talentuosissimo regista francese si potrebbero individuare tre filoni fondamentali. La commedia di costume (come Potiche, che ho visto ieri), il film drammatico con riflessi intimisti e un cinema più magico (Sotto la sabbia e il non riuscito Ricky ma anche Swimming pool). Fondamentalmente tutte le direzioni portano in qualche modo al tema della morte (anche la morte di un amore anotomizzata al contrario in Cinque per due). Spesso anticipato dalla malattia. Nella commedia il tema del "genere" la fa da padrone. Il ruolo della donna, quello dell'uomo, l'omosessualità. Salto la mia posizione sul suo cinema (e anche sul film visto ieri) e mi domando con F.T. e A.H. se su Ozon, che pervicacemente cerca la difformità, si possa dire che altettanto pervicacemente cerchi di sviluppare lo stesso unico disegno o miri al disvelamento di un disegno ultimo. Mi rimetto a voi.
Nei cartoni di Hayao Myazaki mi colpisce sempre l'idea che il bene e il male non siano mai definiti seconda una divisione morfologica. I personaggi hanno spesso due facce. Esprimono il bene e il male. In momenti diversi, con la stessa forma. Obbedendo magari a due istinti. L'istinto del bene e quello del male. Non male, pensare così. Più somigliante al vero, più logico e riscontrabile. Pensare che obbediamo a questi due istinti. E' chiaro pure che obbedendo troppo più spesso a uno che all'altro si definisca una tendenza. Ma la Natura intrinseca tiene le due facce. Ecco perché i demoni spesso, nelle favole giapponesi, possono diventare alleati di chi segue il bene. Un po' confortante, un po' spiazzante. Ma bello.
Vi linko una delle scene che mi piace di più.
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"Temprato": distinguerlo da "Indurito".
Questa frase campeggia nei Diari di Etty Hillesum. Fa fatica ma bisognerebbe sempre usare il primo riguardo alle vicende della vita.
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