Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Per tutti i lettori di Repubblica (nella pagina dei Giochi di Bartezzaghi) Duccio Battistrada - che è uno che ci segue lengo questo diario - ci delizierà con le sue rime nonsense e oggi inizia così...in onore di chi ama o non ama l'inverno...
Fior di Marudo
se il genio va dicendo: "Io non sudo!"
non gli credete: è perché gira nudo.
E' un talento. Un giovane drammaturgo (www.drammaturgia.it/recensioni/recensione1.php?id=1901) che ha esordito presto e bene (e bene è poco). Ieri ho visto nella meravigliosa essenzialità di Tor Tre Teste, sotto la chiesa di Meier un suo testo generosamente interpretato da due bravi attori (Silvia Frasson e Lorenzo Bartoli). Il testo di intitola Natura morta in un fosso. Un giallo o un poliziesco a più voci. Straniato e ironico, ossessivo e frustrante.
Di Carvelli (del 02/08/2005 @ 16:59:58, in diario, linkato 1070 volte)
Anthony and The Johnsons. Straziante ma meraviglioso. Continuo a sentirlo all'infinito dei 35minuti struggenti.
www.antonyandthejohnsons.com
Anni fa (e anni fa) scrissi un racconto e lo spedii ad una rivista. Non uscì. Non lo ritrovo. Mi ricordo che parlava di asfalto e declinava una passione per le macchine asfaltrici con tutto quel roteare di nero e fumo per poi rigettarlo in terra. Mi è rivenuto in mente ieri quando in un tratto di marciapiede vicino alla stazione si spalmava sotto le scarpe (per la minore presenza di pietrisco nell'impasto). Il sole d'agosto fa subito marcire i cassonetti, svenire i vecchi, scottare i bambini, addormentare gli ubriachi. Fa uscire la pazzia. Fa maleodorare le ascelle sudate e fa allontanare chi magari non ha la fortuna di uscire solo per poco per tornare a casa a lavarsi. Non fa addormentare (perché la casa è stata bruciata nel giorno). Fa pensare di aver sbagliato. Fa pensare "basta". Fa dire "ancora". Fa rimpiangere l'estate scorsa, sperare in una futura. Fa ricordare che si è soli. Che l'estate è fatta per riposarsi, per il mare, per la montagna. Fa vergognare di non avere soldi. Di non avere tempo. E fa squagliare l'asfalto se nell'impasto non c'è la durezza di un po' di pietre.
La frase è: o è facile o è quasi impossibile. O è facile o è molto ma molto difficile. E la cosa è la stessa. E la persona è sempre quella. O è facile o niente, non c'è nulla da fare. La vorresti dire a chiunque, gridare, scrivere, affermarla come uno slogan da stadio. A tutti gli amici, alle amiche, a chi si tormenta in crisi d'amore (da anni) come a chi si bastona di delusioni lavorative. E' facile o è impossibile. Sì ma chi ti potrebbe capire? La gente macerata nel dolore pensa "è impossibile". Vagli a dire che è facile! Che poi non è facile. E' facile o impossibile. Noi stiamo in mezzo a quella "o". Più spesso abbracciati all'impossibile come ad una scialuppa di salvataggio. Alla deriva.
Non so se e a quanti sia successo di avere ad un tratto una rivelazione. Un sopetto, piuttosto. Ma fondato. La precisa sensazione annunciata da un rasserenamento ma anche da un'esplosione che le persone che credevamo di odiare per il loro odio forse... forse avevano ragione loro. Forse il nostro odio era solo affidato ad un egoistico fastidio. Mentre la loro fermezza, la loro rugosità era valore, certezza, verità scomoda. Nello stesso momento scoprire in una specie di UP&DOWN, di GIRALACARTA, di QUADRIGLIA che quelli che invece veneravamo e a cui assegnavamo tutto il nostro riconoscimento ci volevano male. Ma anche non volendocelo. Così, per sbaglio come per sbaglio noi li amammo. Naturalmente ho in mente più l'amicizia che l'amore ma non è detto. Naturalmente questo Olimpo intercambiabile è solo un "per esempio" di qualsiasi sistematizzazione ma la sensazione... beh quella, se l'avete provata, avete capito al volo...
Ogni mattina ogni mattina governare la casa (che bel verbo consono alla selvatichezza della mia magione), stirare, fare la lavatrice, stenderla, preparare la colazione, consumarla, innaffiare le piante di sopra e le piante di sotto. E come se non bastasse... scrivere. Mi vengono in mente le parole (suggerite da M.) di questa speciale forma di scrittura così propria alle nostre autrici otto-novecentesche. Una scrittura forzata tra le cose della casa e la famiglia. Una scrittura di squarci, di ritagli, di tritolo che scava tunnel per estrarre idee e parole.
Ascoltando la radio, tanta radio. Stemperando la forza immaginativa della televisione, piegata alla radio, come succede (succede che la tv che più prende è sempre la radioconleimmagini... a riprova che l'immaginario è quello che viene colpito e la forza delle immagini ha un livello di decodificazione alto per cui la televisione di successo è spesso quella più banale o la più semplice all'uso) si scopre che il gioco della pubblicità (il gioco sonoro, il gioco parlato) è di livello ZERO. Dove ZERO vuol dire il livello d'imamginario più basso e facile e adatto a raggiungere chiunque. Le leve sono: il razzismo, il sesso, la degradazione della donna, la tenerezza dei bambini, il mito di un tempo che non c'è più, la donnauomo, l'uomodonna, la pederastia (nella forma repressivo-ironica), la gaiezza (nella forma ironica), lo stile B-movie... Il brutto è pensare che se è così è perché parte di noi è così o noi, in parte, siamo così. Attratti da questo immaginario. O soggiogati da esso.
Di Carvelli (del 27/07/2005 @ 09:47:37, in diario, linkato 1003 volte)
Dubbi, rabbia, costernazione, delusione, pruruti. Poi una canzone interrompe il corso di questa oblunga frustrazione e dice...
I see trees of green, red roses too I see them bloom for me and you And I think to myself, WHAT A WONDERFUL WORLD
I see skies of blue and clouds of white The bright blessed day, the dark sacred night And I think to myself, what a wonderful world
The colours of the rainbow, so pretty in the sky Are also on the faces of people going by I see friends shakin' hands, sayin' "How do you do?" They're really saying "I love you"
I hear babies cryin', I watch them grow They'll learn much more than I'll ever know And I think to myself, what a wonderful world Yes, I think to myself, what a wonderful world
E' incredibile come una canzone possa smontare incrostazioni di male attorno a noi. E' successo altrettanto al concerto degli U2. Nell'eco di bombe, ole (plurale di ola, spirali di braccia in alzata e caduta ad onda... Definizione passabile?). In nome del dolore, canti. Ed è stata subito pace e trionfo dei diritti. L'IO C'ERO si perpetua e segue le precedenti date romane (per me...altri vanteranno bologne e torini) con soddisfazione (l'acustica, mah?!) per la perfezione della miscela di impegno e scambio partecipativo (perfetto) col pubblico. Unisono e stimolante per loro e per noi. Questo era sabato. Poi? Poi...
Mio giovane amico nell'eterno dibattimento delle ore e delle scelte, alle porte di un dolore. Mio amico di cui il bene più prezioso è libertà e nient'altro. Ed è estate ed è privazione questo tuo essere amato. E amare è ormai il confuso rito di un non diversamente da così. Ed è estate. E tu perdi le ore in questa confusa serie di ripicche. Inutili. Ché poi la ragione è il torto e dice bene F. "tu vai bene così ma non vai bene per me". Ed è così che è inutile sprecare i secondi in questa valutazione del giusto e delle sbagliato. Quello che lui chiamò un giorno "libertà mia" oggi la chiama "gelosia mia". Ma non è un viceversa è una fine. Bestia ferita con la sola ansia del soccorso, della cura. Salvezza e salvazione. E tu che ti ostini alla ragione (che hai, inutilmente) mentre attorno a te è deserto e ristoppie bruciate. Tu che hai rischiato cenere tua ancora ti aggrappi alla ragione del vincitore (del vincente sconfitto). Ed è estate. Varrà la pena calore al calore? Varrà la pena vivere nell'oscura minaccia di uan fine? Ritardata? Estate. Rivivere il passato nell'oscura minaccia del futuro? Vedo le zanne. Vedo le fauci. Vedo la conquista del territorio. Usare le cose tue, rubarti in casa, conquistare le antiche Gallie che furono tue e che ora nella lentezza della libertà sono lasciate al nemico. L'errore è nella conquista, nella presenza, nell'essere. L'errore è credere troppo in sé e poco negli altri. L'errore è credere che avere poi sarà averti. Poi lui ti dice "dove ho sbagliato, spiegami?!" ma in realtà non cerca, non investiga i suoi errori ma uno scagionamento ed è un discorso inutile. Ed è estate e fa caldo nelle tue piccole mura di casa, al piano terra di una casa vecchia, in un quartiere umido, in una città calda.
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