Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Non do i numeri, li aspetto se mai. Ma non me li gioco, no. E' solo che ora come ora se avevo un certo numero di numeri (di telefono) forse non li ho più. Nel ricostruire la rubrica si torna ad un anno zero. Così scompariranno tanti numeri datati. Perché i numeri si datano, certe amicizie (o) hanno il fiato corto. Intanto grazie Yuraku...se non ci fossi tu...
A chi fosse dotato del mio numero di cellulare, l'unico numero che detengo, si precisa che l'utente è fuori linea. Per la terza volta (3) il cellulare è saltato dalla tasca (prima fu da quella della camicia, poi da quella del pantalone) della giacca: quella fonda per intenderci "il taschino". Più che affranto sono SFIGATO. O meglio sono senza cellulare e con un serio problema di destino che si ripete a vite su di me.
Nessuna crisi di identità. E' solo che il refuso - un refuso vocale se fosse possibile dire - mi sta addosso con le unghie. Ho visto volantini con scritto Roberto Cavalli (magari!) in migliaia di copie e altoparlanti alla Festa dell'unità annunciare la presentazione del libro di Roberto Caravelli. Il gioco mi diverte - bartezzaghianamente - perché si presta ad un'infinita arte combinatoria che è di suo sfiziosa. Firmato Caruelli
È la versione light del più amaro proverbio. Una versione diffusa. L'altro giorno la mia moto ha inconsapevolmente danneggiato una macchina in sosta. La storia è questa. Quella se ne stava buona buona quando qualcuno l’ha sbatacchiata contro l’altra macchina. Lei inconsapevole. Io inconsapevole. La macchina danneggiata si è subito fatta sotto chiedendo in giro e scattando le foto al mio timido scooter che ignaro di essere un modello si è poi trovato ad essere il corpo del reato. E anche il reato. Ma attenzione c’è una differenza: IL REATO e IL CORPO DEL REATO sono due cose due. Ma per la giovane proprietaria della macchina la distinzione non era chiara. Saputo dell’accaduto e delle foto ho chiamato la mia assicurazione che - figurarsi! – si è subito premurata di dirmi – figurarsi2! – che loro assicurano i danni statici e pagano di default. Assicurazioni=società a delinquere è una semplice identità. Così saputo chi è la signora (è una collega di un ufficio confratello e laterale) l’ho cercata e lei “…ma figurati…sei pure un collega… mio marito mi aveva detto ‘ non farai una lira…hai fatto un danno da 200€’… figurati comunque adesso richiamo mio marito…” Fatico a spiegare la mio posizione di danneggiato più che di danneggiatore, mi appello al buon senso. E penso: beh avrà capito… la moto è la danneggiata oltre che la inconsapevole e involontaria danneggiatrice… è come dire che tra due macchine c’è un carrello di un supermercato e se tu glielo spingi contro all’altro e la danneggi il danneggiatore non è il carrello (e per lui il supermercato) ma la macchina che l’ha spinto e non ti rivali quindi sul supermercato. È l’identica e triste posizione di chi si trova la macchina strisciata da un bastardo manovratore poi scappato senza prendersi responsabilità. Speravo fosse chiaro. Speravo fosse ovvio.
Due giorni dopo mi chiama il marito. Prima frase: allora? Facciamo il CID (leggasi constatazione amichevole di colpa)… Dopo lunga e strenua trattativa ci accordiamo per un fiftyfifty che vuol dire 100€ per me (100 per lui). Mi domando cosa ho pagato con questi soldi: la metà del danno, una rivalsa, una scaltrezza, una pace familiare, un gesto di bonomia nei miei confronti, una lezione di vita, il vantaggio dell’essere colleghi. Non posso non pensare con preoccupazione anche adesso alla staticità della mia moto, al suo equilibrio e al rischio che su di noi pesi sempre l’algida spada della vendetta e dell’occasione.
Mercoledì 11 h. 18,30 con Carola Susani - Biblioteca comunale del Pigneto
Ho rivisto LUCI DELLA RIBALTA un film a cui la parola culto sta bene addosso. Intanto perché tocca temi universali con un coinvolgimento mai freddo (al contrario, piuttosto... ma le lacrime non devono essere un problema). Ce ne sono tante di frasi, una piccola antologia di sapienza. Ma la palma d'oro a questa (cito a memoria) LA VITA NON HA UN SENSO. E' DESIDERIO. IL DESIDERIO E' IL TEMA DELLA VITA. Non mi sembra che ci sia molto da aggiungere.
Di Carvelli (del 06/05/2005 @ 08:56:00, in diario, linkato 3226 volte)
"Certo è strano non abitare più la terra,/ non agire più gli usi da così poco appresi, e alle rose, e alle altre cose piene di promesse/ non dare più il senso di un umano futuro;/ ciò che eravamo in mani illimitatamente ansiose/ non essere più, e anche il proprio nome/ abbandonare come un giocattolo infranto./ Strano non desiderare più i desideri. Strano/ quel che stretto si teneva vederlo dissolto/ fluttuar nello spazio. E' penoso essere morti:/ un continuo ricercare, faticosamente in traccia/ di un poco di eternità."
Rainer Maria Rilke - I ELEGIA - da ELEGIE DUINESI (versione di Franco Rella - BUR)
Accorrete numerosi!!!
Di Carvelli (del 05/05/2005 @ 08:46:50, in diario, linkato 1826 volte)
Mi spendo molto volentieri per raccontare questo esordio importante senza essere roboante e forzosamente clamoroso. In Campani (che è del 1976) la grazia dei sentimenti, la leggerezza dei piccoli eventi ma raccontati con un nitore che spiazza sostituiscono con onore gli effetti. E tutto questo ha effetto, forza. Mi sono trovato più e più volte a rileggere le pagine di E' DOLCISSIMO NON APPARTENERTI PIù (playground), senza noia, come se cercassi in una piccola parola perduta un sentimento sfuggito. Tornare indietro per riassaporare le atmosfere di questi interni sentimentali giovani e senza adulti, di queste fughe quasi da fermo nell'appennino modenese. Il tema mi sembra proprio il "crescere". Un crescere soli, senza modelli probabili, nella libertà della natura selvatica della vita che in definitiva permette tutti gli esperiementi possibili che il laboratorio famiglia cerca di controllare. Questo è un libro che dovrebbe conquistare l'attenzione della critica, essere adottato come si fa con un figlio talentuoso che poco ha e molto merita. Si tratta di dare luce alla piccola editoria e alle sue scelte forti, alla scrittura che non finge, che non mistifica. Vi invito a leggerlo, ad assaporarlo come si fa con i liquori o con i vini buoni serviti nei calici grandi in dosi da degustazione.
Ad ogni buon conto questo è un sito personale, un blog, un diario on line. Ogni parola che si spende qua dentro riguarda la scrittura. È scrittura. Non scrittura alta, non seriosa (a volte neppure seria), non narrativa. Piena di refusi, altalenante nello stile e nell’interesse. Scherzi e indignazioni. Con la stessa serietà. Avrete capito che pur parlando di me spesso invento. Altrettanto spesso non parlo di me. O scrivo (sarebbe più giusto dire) di me parlando d’altro/i. Per parlare d’altro/i. Chi mi conosce da presso sa cosa c’è dietro. Chi poco volte, sì volte no. Quello che rimane è il desiderio di fondare una comunicazione e, virtualmente, un’amicizia che si basi sull’amore per la cultura: i libri, il cinema, la musica, il teatro (andarci!!) et similia. Bisogna farsene una ragione: nulla di quanto è scritto qui è attendibile dal punto di vista della MIA VITA PERSONALE (tre parole tutte mie e tutte in IO che preferisco trasfigurare che consegnare pare pare ad una realtà che forse non esiste neppure nella forma narcisa e presuntuosa di cui ahimè mi tocca fare ammenda prima che scrittura). Ad ogni buon conto non siamo mai così tanto altri/o in quello di cui diciamo IO e NOI. Conviene rassegnarci. Ad ogni buon conto sono solo parole, è solo letteratura, sono solo libri. Proprio come il rock’n roll.
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