Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Di Carvelli (del 21/02/2005 @ 12:36:40, in diario, linkato 1028 volte)
Intanto una recensione che scovo in internet. Questa
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di Oliva Muratore
muratore@bazarweb.info
Roma, una città che t’irretisce
La più mediorientale delle capitali europee vista con gli occhi di un autore che sceglie di perdersi in questa città per raccontarla…
“Non esiste una sola Roma. Ce ne sono 100, mille, infinite. Ci sono infiniti volti che si sovrappongono e tracciano stratigrafie dell’anima. Roma è questo, e insieme qualcos’altro di diverso, di non ancora scoperto. Roma non la trovi, non la conquisti, non la domini mai del tutto. Mentre è qui, Roma è già altrove, un altrove che non raggiungerai mai. E’ la città che t’irretisce, che ti perde nei suoi poetici profili. Non sei tu a scegliere Roma, ma è la città a volerti, il labirinto a vincerti”. E’ proprio questa intuizione a dominare le pagine di Perdersi a Roma, di Roberto Carvelli (edizioni Interculturali, 2004). Un testo particolare che si presta a differenti letture sociologiche e a più livelli d’indagine ermeneutica. Uno studio che parte dalla città, dalla sua toponomastica, dalle strade, dai quartieri, dalle chiese, dai monumenti; che parte dalla pietra, dalla polvere, dall’acqua. Alla parola l’autore affida il compito di ritrarre Roma, dove lui stesso vive e che ogni giorno cerca di scoprire sotto una luce differente. Ad accompagnarci in questo itinerario pittorico intinto nella tavolozza cromatica della più mediorientale delle capitali europee, ma anche nella più drammaticamente vera, umanamente nuda e profeticamente spietata, i racconti dei grandi artisti, le testimonianze dei massimi scrittori viventi, ma anche di quelli che hanno semplicemente scelto Roma come patria d’elezione. Roma sembra fuoriuscire, d’improvviso, dalla sontuosa cornice architettonica dei secoli e dei millenni, per ritrovarci all’angolo di un baretto, nella luce declinante di un tardo pomeriggio, nella densità rosa di un cielo che sfiora le algebre dei terrazzi. Roma è questo ed è anche la culla del pensiero, del cinema, della cultura contemporanea. Roma è il nido che ciascuno di noi si porta dentro, “l’architrave magica che ci consente di accedere alle leggi dell’eterno ritorno”, l’Itaca che la scrittura misurata di Roberto Carvelli elegge a rifugio del vivere, del sentire, qualche volta del morire. |
Poi la segnalazione di alcune presentazioni su cui vi aggiornerò presto e una mail meravigliosa e sorprendente di una amica che riceve l'invito alla lettura di P.A.R. da un insospettabile amico, guru del suo alpinismo.
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Problemi sentimentali: è uno di quei connubi che andrebbero banditi dalle conversazioni. Certo, mi direte, e allora chi esce più con chi. E soprattutto per cosa. Già. Quante amicizie finite. Vero. Quanti meno amici/amiche. Sicuro. Infatti infatti bisogna riconoscere al duo PROBLEMI SENTIMENTALI la virtù del fare quadrato (o cerchio per i meno razionali, per chi è per le forme quadrettate e le vie di fuga) più di un camino, di una televisione, di un bicchiere di brandy. Vediamo. La mia teoria (io sono uno di quelli delle teorie, i miei amici lo sanno) è che non esista la categoria “problemi sentimentali” ma la categoria PROBLEMI. E in relazione a questa, al suo massimo grado ahiloro quella delle PERSONE PROBLEMATICHE. Che poi sia detto chiaro e tondo non è che uno rischi di rimanerci a vita. Questo no. Ora: esistono i problemi, una predisposizione ad averli ed una accentuazione sentimentale, meglio una funzione catalizzatrice dei sentimenti. Insomma: il problema non è sentimentale. Né il contrario. Il problema è il problema. Così le persone che ci aderiscono con facilità. In sentimenti non hanno i problemi. Sono i problemi che hanno i sentimenti problematici. Da cui la categoria PROBLEMI SENTIMENTALI. Vi ho convinti?
LIBERIAMO LA PACE Giuliana, Florence, Hussein tutti gli ostaggi e il popolo iracheno
Manifestazione nazionale del 19 febbraio 2005
Centinaia le adesioni alla manifestazione proposta da il manifesto, si mobilitano anche gli operatori dell’informazione
Sono ormai centinaia le adesioni alla manifestazione proposta dal quotidiano il manifesto per il 19 febbraio. Associazioni e reti laiche e cattoliche (dall’Arci ad Emergency, dall’Agesci alla Tavola della pace, dal Forum del Terzo Settore all’Assopace, dal Gruppo Abele a Pax Christi, dai vari Fori Sociali alle Donne in Nero, dalle Acli a Legambiente, da Rete Lilliput ai francescani del Sacro Convento di Assisi….), testate (da L’Unità a Diario, da Europa a Liberazione, da Testimonianze a Carta…), sindacati (Cgil, Cisl e Uil, Fiom, sindacati di base, Rsu), partiti (l’Unione e molti dei partiti che ne fanno parte, con le loro organizzazioni giovanili), Enti locali (gli Enti locali per la pace, la rete del nuovo Municipio, singoli comuni), Ong (da un Ponte per… a Mani Tese a Save the Children…), organizzazioni di studenti.
E inoltre centinaia di singoli cittadini, politici, intellettuali, artisti e tantissimi operatori dell’informazione, che hanno sottoscritto un appello specifico e che sfileranno con un loro striscione. Sul sito www.fermiamolaguerra.it sono pubblicate tutte le informazioni (adesioni, percorso, composizione del corteo, appelli, materiali di promozione, comunicati stampa, ecc). La manifestazione si chiuderà a Porta Capena (Circo Massimo) con un saluto del sindaco di Roma Walter Veltroni e gli interventi di Simona Torretta, Gabriele Polo, direttore de il manifesto, Giovanni Di Lorenzo, direttore di Die Zeit (la rivista a cui Giuliana collabora) e Serge July, direttore di Liberation, il quotidiano di Florence Aubenas. Seguirà un concerto con Caparezza, Assalti Frontali, Tetes di Bois, Richi Gianco e Maurizio Camardi, Enzo Avitabile, Folkabestia, Jamal Ouassini, Noureddine, Rashmi Bhat. I pass per accedere all’area palco si possono ritirare giovedì 17 e venerdì 18 febbraio dalle ore 10.30 alle ore 19 presso l’ufficio stampa dell’Arci nazionale in via dei Monti di Pietralata 16 a Roma. Ricordiamo che le adesioni vanno inviate a adesioni@mow.it.
Presentazioni. Dibattiti. Conferenze. Convegni. Qualsiasi parola ci metti davanti dopo ci sta bene la parola buffet. La parola buffet ha una sua semplice definizione: una tavolona con dietro due tipi (o 4 o 6 o 10) in livrea (o no) che scodellano portate sui piatti protesi. Le pietanze derivano da scatoloni salva-temperatura e tutto tintinna. Abbondano facce del malaffare e del bisogno. Proliferano amici di amici di amici. E mangiano (anzi scusate a Roma magnano... che è di più di mangiano) per quattro. Si mettono in tasca il pane e si travasano il vino nelle boccette. C'è gente che secondo me si studia il giornale per svoltare pranzi e cena. E - devo ammetterlo - io questa gente la rispetto. Anzi la amo. Magnamo tutti evvaffanculo a tutto. Chi paga paga.
Di Carvelli (del 17/02/2005 @ 16:47:08, in diario, linkato 1841 volte)
Ho scoperto grazie alla attenta lettura del bravissimo Pietro Adamo... leggete il suo ultimo ed esaustivo Il porno di massa da Cortina ... che nel mio libro uno degli intervistati sedicente esperto avrebbe fatto un po' di confusione di film. Io, per parte mia (e non vuole essere una giustificazione) ho fatto la parte di chi apre le orecchie e scrive. Qualcosa ci sarebbe scappato e così è stato. Di sbagliato, di poco verificato. L'idea era costruire una fotografia il più possibile somigliante della pornografia dal produttore al consumatore. Mi scuso.
Di Carvelli (del 16/02/2005 @ 15:44:30, in diario, linkato 1789 volte)
i Lemming
– 5 –
Roberto Carvelli
KAMASUTRA IN SMART
racconto
A volte è necessario cambiare tutto perché niente cambi. Per questo alla smart è naturale mettere in discussione i risultati acquisiti e proporre sempre soluzioni innovative.
(Depliant smart fortwo coupé & smart fortwo cabrio 2004)
La smart è vostra complice in tutto. Le molteplici versioni d’allestimento, i materiali pregiati e gli accessori intelligenti fanno della smart l’auto dei vostri desideri. E il design è talmente flessibile che vi consente di personalizzarla come meglio desiderate. Siete individualisti? Lo sono anche la vostra smart city-coupé e la vostra smart cabrio.
(Catalogo accessori post-vendita & BRABUS tuning 2004)
Capitolo 1 – Nel quale sei il modo in cui lo fai
Open your mind.
(www.smart.com)
Smart è molto più di un prodotto o una nuova marca,
è una svolta, un nuovo modo di vivere.
It’s not what we do. It’s the way we do it.
(Smart libretto di istruzioni)
Sono nella mia intima essenza uno sfigato, un imbecille, un poveraccio. Nella mia zona di essenziale e zenitale centratura sono un coglione. Autentico. Dico questo in un’epoca di necessari bilanci. Quella del mio quarantacinquesimo anno in cui, per una specie di vortice del tempo, mi accorgo all’improvviso e per intero della mia età. Sono un coglione. Ho quarant’anni passati e forse ho passato più della metà della mia vita a non fare nulla. Oggi ho quarantacinque anni, una casa di imbarazzante cubatura e di invereconda mancanza di personalità. Nessun mobile, nessun divano, sedia o letto è stato scelto. Nessuna stampa o quadro è stato comprato con attenzione. Tutto ad oggi mi è passato di traverso, mi è scivolato di lato, mi ha urtato per caso. Amicizie occasionali, amori saltuari, parentele distratte.
Che cazzo campo a fare? A che pro ho vissuto? Sono domande dal tono grave ma legittime: chiunque alla mia età dovrebbe farsele. Così, tanto per fare un po’ il punto della situazione. Io me le faccio ma non trovo risposte confortanti. Riprendo in mano i libri del piccolo scaffale all’ingresso di casa. Pochi e scivolosi, sguisciano tra il vimini impagliato. Sono libri della scuola. Portano il mio nome e cognome segnati in giravolte e seguiti da parole e numeri in crescita. 3ª media, 4° ginnasio. Ho fatto il classico come qualsiasi altra cosa. Sono andato avanti con una costante mediocrità che non mi ha mai scosso, sbilanciato, né in un senso né nell’altro. Non ho mai sorpreso i professori. Ero atteso al poco. Le mie pagelle non evocavano neppure a parole future una possibile o augurata crescita. Ero quello. Non sarei potuto essere nulla di più e su questo assunto una quasi incontrastata convergenza. Matematica. Scienze. Latino e Greco. Italiano. Un mediocre spalmato. In questi anni non ho letto nulla o quasi. La mia biblioteca: Il pendolo di Foucault (non letto), Il nome della rosa (letto in parte), Se questo è un uomo (bellissimo!), Versetti satanici (lette le prime 20 pagine), I promessi sposi (bello, ma forse un po’ datato), Poesie di Prévert (le rileggo ogni tanto), Eva Luna di Isabella Allende (così così), Un mese con Montalbano di Andrea Camilleri (interessante, ma forse un po’ difficile). I libri smessi dalla scuola hanno ancora sovraccoperte di plastica trasparente e targhette. Gli altri l’adesivo della libreria sul prezzo. Feltrinelli, Mel bookstore. Regali. Libri ricevuti da parenti lontani, visitati nell’altrove meno angusto della mia piccola casa o fatti trovare sulla scrivania dell’ufficio nei primi anni della mia assunzione prima che cadesse nel vuoto la bonomia della colleganza di primo pelo. Soprattutto regali di parenti. Una genia sparsa nello stivale con una decisa persistenza ligure. Genova San Martino, Pegli, Sampierdarena, Vado ligure. Sono lì le persone che negli anni mi hanno abbracciato, anche se di rado, dicendo “come sei cambiato… erano anni che non ti vedevamo… ti ricordo così” e le mani segnavano improbabili mezzi metri.
Vivo a Roma da quasi dieci anni e dopo vari cambi di sede. Per una paradossale indecenza del caso mi sono trovato a fare carriera in una grande società. Sono entrato per intercessione di un mio parente influente e poi per comodità di assetto sono stato portato avanti assai. Decisive sono state le mie caratteristiche caratteriali. Non sono competitivo, non ho mai smesso la mediocrità di cui ho detto, non ho mai litigato con alcuno, non ho mai creato problemi né chiesto avanzamenti, non ho preteso promozioni. Sono un carrierista ideale: non voglio fare carriera.
Dopo varie case in affitto, alla morte di mia madre – mio papà morì di tumore ai tempi della scuola – utilizzando una piccola eredità, ho comprato una piccola casa di 30 metri quadri (commerciali) in una piccola propaggine tra periferia e centro della città: tutto in proporzione. È un quartiere di binari e facce multicolore, un paese incastrato nella fretta disattenta della città. Pur nella familiarità della zona se voi chiedeste ad una qualsiasi persona del mio angusto vicolo avreste la sorpresa – per me non lo sarebbe – di scoprire a che punto possa arrivare la mia evanescenza. Chi arriva in questo reticolo di case basse e scalpiccio di piedi dice “bello qui, si conoscono tutti” senza immaginare quanto io possa passare inosservato. Alle volte mi sono trovato quasi fantasticamente a pensare di non essere altro che un fantasma. Una specie di nessuno in alone. Un’ombra, una presenza. Certo, forse qualcuno ammetterebbe di avermi visto ma non saprebbe dire se abito qui o qui abbia un ufficio, una fidanzata, un amico, un parente. Pensare a Luna. Non è un pensiero persistente. Non è un’ossessione. È il modo che ho adesso per attaccarmi alla vita nella sua forma essenziale di bisogno e di piacere, un modo facile, il modo più facile che conosca per provare un interesse alle cose, adattabile, sostituibile. Per farla breve, mi corico nel letto e a luci spente mi masturbo pensando a lei. Di mio ci metto solo un po’ di fantasia, lo sforzo di ricordare alcuni dettagli della persona, e il movimento della mano. Un andamento lento, costante, non troppo stringente e cadenzato al ritmo del ricordo, della fantasia. Un’operazione che potrà durare, che so, minuti? Quindici? Non so, dipende dal ricordo, da quanto impiego a ricreare una situazione minimamente realistica e stimolante davanti alla mia mente. Se fatico a mettermi Luna a favore di vita ci impiego di più. Forse trenta.
Una ricerca suggerisce che solo un terzo degli italiani sarebbe dotato di lavastoviglie. Da cui: i due terzi i piatti e le pentole se le laverebbero a mano. Oltre al comprensibile riflettere sulla deflagrazione della famiglia allargata o numerosa forse val bene riconoscere a questa noiosa abitudine i crismi dell'esercizio spirituale. Magari meno articolato della preparazione dei cibi ma alla portata di tutti. Chissà quanti soliloqui e quante idee potrebbero dire di essere nate sotto il getto d'acqua freddo o caldo dei rubinetti o quante decisioni risciacquate nelle vasche dei lavelli. O quante composizioni familiari nell'asciugatura delle posate. Mi vengono in mente i miei due anni di lavapiatti universitario ma questo è un altro discorso... più economico... ma lo stesso un giorno ne dovrò scrivere.
ieri ho affittato e visto
Ben girato (le scene di sesso hanno - evviva! - aria e varietà) ma brutti soggetto e sceneggiatura, colmi di topoi decadenti e maudit. Mal recitato (due piani: quello sciatto e quello dell'attor giovane). Peccato. Me ne avevano parlato molto. Ma certo esordire così giovani e con delle cose da dire (anche da dire male) non è male e infatti la nostra pare che sia in USA tra le braccia (sembra braccia braccia) di Defoe a girare altro.
Ieri ho letto uno strano coccodrillo. È morto (domenica) Aldo Carotenuto (oggi Brioschi, purtroppo ancora giovane) e da Repubblica l’estensore del lungo necrologio si è affrettato a riconoscere gli oneri più che gli onori di questo professore universitario e saggista psicologo gli oneri. Il narcisismo, l’espulsione dall’ordine per la pratica sessuale del transfert, il generalismo teoretico, chiamando a raccolta i suoi detrattori. Hai voglia te! Quanti ne aveva! Odiato da tutti… lo conosco poco, ammetto ma so quanto fosse inviso all’Accademia e alla Saggistica di campo per questo suo intingere la penna nell’inchiostro dell’amore e nel veicolarlo attraverso i media più popolari. È stato strano pronunciarsi in punto (punto e basta) di morte con tanta obbiettività giustizialista che meglio forse sarebbe stato ignorare o abbreviare. Magari ritenendo poco rappresentativa questa morte di un breve saggio e della pagina della cultura…E invece pezzone con tutti i crismi e tutte le ugge. Non so! Che dite?
“Cos’è questa? Tristezza? Chissà, forse./ Un motivo che conosco a memoria./ Che sempre si ripete. E sia./ Che continui così./ E risuoni anche nell’ora estrema,/ come la gratitudine degli occhi/ e delle labbra per ciò che qualche volta/ ci costringe a guardare lontano./ E fissando in silenzio il soffitto,/ perché visibilmente la calza resta vuota,/ capirai che tanta avarizia è solo indizio/ del diventare vecchio./ È tardi ormai per credere ai prodigi./ E sollevando lo sguardo al firmamento/ scoprirai sul momento che proprio tu/ sei un dono sincero.” Josif Brodskij
Mi permetto di aggiungerlo alle citazioni.
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