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Devo dire tutte le parole che non dici tu. Le parole che iniziano per io, quelle che finiscono per tu. Devo dire tutte le parole che non dici tu. Devo fare tutto io insomma. Ma tu devi avere l'impressione che stai facendo tutto tu. Poi devo fare come se fossi te e come se fossi io. E anche lì devo fare tutte le cose che non fai tu. E quando tu dici "tocca fare tutto a me" dire pure di sì. Sembra una cosa un po' tristemente ministeriale. Eppure nel destino di qualcuno esiste questa piccola forma di spersonalizzazione e raddoppiamento. Alla fine anche un attore nasce così. Alla fine anche una star muore così. E tutti la piangono due volte. Una per lui o lei e una per tutti gli altri che sono stati o state. E anche per sé (come se loro che piangono fossero quello o quella che è pianto, pianta). Un po' come piangere due volte: una fuori e una dentro di sé. Così alla fine siamo fortunati... Così alla fine sono fortunato a essere due volte me. Una per me e una per te.
Ho visto Il rosso e il blu. E mi è piaciuto. Molto, direi. Giuseppe Piccioni è bravo (il film precedente era un po' lacunoso nell'organizzazione narrativa pur se ricco di immagini di novità e tributi truffauttiani) e la corda della commedia gli giova più di quello che si possa pensare. Lo alleggerisce e lo premia nella varietà di corde che allentano la morsa della malinconia. Il film è ben scritto e gioca con leggerezza tra i cliché (l'unico che mi suscita un po' di stridore è quello della prostituta orientale di un puccinismo un po' impanato e fritto). Ma, a mia memoria, e a memoria del genere, si inscrive in una bella tradizione dei film sulla scuola con onore (traendo ispirazione dalla narrativa sulla scuola di Marco Lodoli). Gli attori - bravi - sono ben diretti. In particolare eccelle Lucia Mascino nella sua piccola ma preziosa parte di cesura tra vecchio e nuovo, inizio e fine, vita e morte (la più bella trovata di scrittura scenica). Mentre troneggiano il solito enorme Herlitzka, la Buy mai così a fuoco e nelle righe e fa la sua bella figura anche Scamarcio. Mi spendo su questo film nel timore che possa passare inosservato nelle tante uscite e nella percezione di una cinematografia italica valida (negli ultimi anni il giudizio è ragionevole) solo nella commedia più commedia. Qui i piani si confondono e questo rende il film riuscito. Riuscito spaccato sociale, riuscita visione dell'insegnamento, riuscito racconto del dolore e del bello che la scuola attraversa a volte con inconsapevole centralità generazionale.
Di Carvelli (del 28/09/2012 @ 09:16:05, in diario, linkato 1107 volte)
Da quando mi sono arreso al tempo sento in me una pace calda e meravigliosa. Da quando scherzo apertamente coi giorni e con le ore sono finiti i miei lamenti.
Con una semplice parola mi sento sgravato dalle colpe che mi recano danno: il tempo è il tempo, può anche assopirsi, sempre troverà me, brav’uomo, allo stesso posto.
"Ci sono tre generi di calciatori. Quelli che vedono gli spazi liberi, gli stessi spazi che qualunque fesso può vedere dalla tribuna e li vedi e sei contento e ti senti soddisfatto quando la palla cade dove deve cadere. Poi ci sono quelli che all’improvviso ti fanno vedere uno spazio libero, uno spazio che tu stesso e forse altri avreste potuto vedere se aveste osservato attentamente. Quelli ti prendono di sorpresa. E poi ci sono quelli che creano un nuovo spazio dove non avrebbe dovuto esserci nessuno spazio. Questi sono i profeti. I poeti del gioco".
La poesia che voglio scrivere è impossibile. Un sasso che galleggia. * Non credo in Dio, però evito di aprire l’ombrello in casa. * Una miriade di idee folli soffiate addosso al mondo come se fossero bolle di sapone e noi fossimo bambini occupati a inseguirle. * Gli orrori del nostro tempo ci faranno provare nostalgia di quelli del passato. * Un’altra storia sul tempo. Questa riguarda il tempo che ci misero per decidere di uscire dalle celle dopo avere avuto sentore che i tedeschi se ne erano andati. Nell’enorme carcere di Milano di colpo si era fatto un silenzio assoluto. A ogni buon conto, loro pensarono che era meglio togliersi le scarpe, prima di uscire. Mio padre continuò a camminare in punta di piedi ancora ore dopo, quando attraversò una grande piazza deserta. La luna piena sopra i palazzi bui. Il cuore gli batteva forte. “Era come un teatro d’opera” dice. “Illuminato a giorno, ma nessuno in platea, nessuno nella buca dell’orchestra. Però a me venne voglia di cantare. O forse di urlare?” Non fece né una né l’altra cosa. Era l’anno 1944. * Emerson scrisse: “Il mondo è un immenso libro illustrato”. ”E tutti usano le sue pagine per pulirsi il culo” chiosò un anonimo genio americano a margine della copia che ho preso in biblioteca. * Il miglior argomento a favore del vino, del tabacco, del sesso e dei discorsi a vanvera consiste nel fatto che ogni maggioranza cosiddetta morale li condanna.
Charles Simic – Il mostro ama il suo labirinto (traduzione di Adriana Bottini) - Adelphi http://www.subliminalpop.com/?p=6048
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