Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Siete tutt'e due nella stessa città. Forse è una coincidenza. Forse sono io la coincidenza, la vostra coincidenza. Siete tutt'e due nella stessa città ma non vi conoscete. Forse da quando tu sei lì e lei era già lì, forse, senza saperlo, già vi siete incontrate. Siete andate a vedere una partita dei mondiali davanti ad un megaschermo? Avete frequentato un posto di italiani? Avete preso un cappuccino o un caffè e vi ha preso quella boriosa sicurezza di sapere che altrove - in un altrove vostro - quel rituale si consuma più gustoso. Ma siete lì. Tutt'e due lì. E non c'è null'altro che vi unisce. A parte me. In tutti i casi un me lontano. Di un lontano geografico e temporale. Un me diverso. In un caso non più di una fotografia e tutta la sua virtualità, in un altro un ricordo lontano e quindi ingannevole. Vent'anni - mi costringo a pensare - cosa hanno prodotto, a parte nel corpo, di diverso? Quale procedura di calcolo può restituire differenziali di tempo? Da questo anno a questo anno ero questo. Poi questo e questo sono cambiati. E' possibile trasformarsi in un prodotto di fattori mutati? Questo andrebbe chiesto a chi manca da vent'anni. Chi manca da sempre forse va interrogato sulle carte, i pendolini, i fondi di caffè (di caffè buono, certo!). Siete tutt'e due nella stessa città. Io sono qui e posso solo immaginare il gioco del caso dei vostri passi.
Di Carvelli (del 03/07/2006 @ 09:56:45, in diario, linkato 1034 volte)
Che strana trattoria possibile che anche qui saremo tutto? Mi accoglie l'oste grasso pericoloso con occhio sapiente. Era molto tempo sapeva. Mia esistenza dove m'hai buttata! (da Diario ottuso - Amelia Rosselli)
Tornare da lavoro e fare la spesa. Prima di andare a dormire contare debiti e ipotizzare soluzioni. Prima di svegliarsi sognare un sogno bello, poi mettersi un profumo che ci piace e lavarsi i denti in modo che non facciano male e non sanguino. Poi prendere la metro prima che ci salgano altri. Sedere dove c'è più spazio (al fianco della sbarra) per proteggere almeno un fianco dal corpo caldo di qualcuno. Sentire i discorsi più piacevoli (distogliere l'attenzione da quelli che non si vogliono sentire), evitare gli odori sgradevoli poi scendere e andare di corsa dove si deve andare.
Gli anni 80 e i suoi simboli: tanti, diversi, ripetuti. Colori, forme, stili, gruppi musicali, pettinature. Alla fine è così. E se si ripetono? Sono citazioni, immaginario colto ripetuto. Eppure ogni tanto mi blocco e mi vengono in mente questi due fustoni - i bronzi di Riace - e non mi può non venire in mente quel giro di anni lì. Senza che si possa ripetere tanta muscolatura e tanto clamore che in quegli stessi anni ci facevano sussultare di orgoglio italico.
Sembra un bacio ma non è un bacio. Tecnicamente, sì, è un bacio. Ma non è un bacio. Me ne accorgo da come lei prepara il colpo. Pare che digrigna le labbra. Letteralmente. Come se fossero denti. Prima che lui scenda dalla metropolitana lei si è già preparata il bacio-morso (che non sarà un morso ma un bacio) con le sue labbra dure. Dure? C'è qualcosa di più di uno stato dell'essere. Il punto non è morbide o dure ma quello che quelle labbra faranno. Baceranno sì ma per esprimere cosa? Un bisogno, un controllo, un potere, un siggillo? Le vedo preparare le labbra mentre il ragazzo (alto e magro, moro; lei è più bassa e rossa vera di capelli) arranca all'arrivederci di un paio di fermate prima. Lui sembra fare una finta, uno scarto ma è lì. E porge il fianco, le labbra. Ed è strano che un momento così paritario, forse l'unico momento paritario amoroso - labbra e labbra (non è data altra parità così assoluta all'incontro d'amore) - sembra sottintendere una passività e un'attività, un vigore e una debolezza, quasi una vittoria e una sconfitta (per quanto ai punti e non per KO). Ecco la piccola telecronaca del bacio che vedo. Stamattina. In metropolitana. Un bacio che mi dà da pensare.
Capelli cotonati, ricci, diradati. Capelli corti, rasati, capelli come qualche anno fa, tagli fuorimoda, azzimature. Capelli spettinati, a schiaffo, ingelatinati, ispidi, lisci, imbrillantinati. Capelli con le vertigini, con le treccine, capelli appena frizionati. Lopecie maschili e femminili, tinture, colori e tagli. Capelli alla moda, capelli di nicchia, guizzi, stili. Creste, croste, sporcizie, forfore. Lo sbuffo delle porte della metro.
Di Carvelli (del 06/07/2006 @ 14:29:32, in diario, linkato 1750 volte)
"Fai un salto, fanne un altro; fai una giravolta, falla un'altra volta. Guarda in su, guarda in giù: dai un bacio a chi vuoi tu."
L'esergo è questo. Il testo è il bacio. Quello di giorni fa. Sono giorni che scrivo di bocche, baci, denti e capelli. Sono giorni di facce e di parole sulle facce. Per ora è così. Conto al più presto di parlare di braccia e di gomiti. Ma voglio arrivarci con calma. Un "passo" per volta. Intanto, una giravolta.
Estate e piove. A dirotto. L'impressione è che dentro una stagione sia finito il cuneo di un'altra. E' come se dentro il sole sia finito uno scroscio d'acqua. E' un'enclave dell'inverno nella torrida landa dell'estate. La terra se ne imbeve, assorbe a secco tutta questa abbondanza fuori dall'orologio delle stagioni. Si formano nonostante la secchezza pregressa delle pozze d'acqua non contenuta. Il tema della sinfonia piovosa diventa la sua ingestibilità. E, fuori da ogni lamento, scatta una rivoluzione della pelle.
|