Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
PRINCESS, LOVE ME, ITALIA, GO, ROMA, GIRL. Guardo le magliette. Ammirato, anche un po'. Non riesco ad indossare magliette con scritte. L'unica cosa che ricordo con scritte nella mia vita è un po' passata anche se se la ritrovassi la rimetterei. GOD MADE THE IRISH #1. Era verde smeraldo con un trifoglio bianco. Era la mia felpa preferita dei vent'anni. Esisterà ancora? Nasceva da un negozio dell'usato. Quasi tutto quello che ho comprato a vent'anni era stato di qualcuno prima di me. Il motivo era l'originalità non il feticismo. Anche perché i miei diciotto vent'anni coincidono con una omologazione spaventosa e delle nicchie di gusto. Non stavo nell'una né nelle altre. E allora pescavo in quell'esotismo di camicie psichedeliche o residui anni 50. Chissà se si possono stabilire quote e differenze di gusto in base alla moda. Davanti a me magliette e mani che aprono e chiudono i giornali free press con un ritmo velocissimo. Dieci o venti piegamenti di fogli e le farfalle vengono riposte sul sedile a fianco. Chissà con quali certezze, angoscie, dubbi.
Di Carvelli (del 21/07/2006 @ 14:00:42, in diario, linkato 2624 volte)
La sensazione di una perfetta prima volta che si ripete. L'azione che non è mai ripetizione ma anche il vertice di ogni libertà. Tuffarsi. I cavalloni o le onde lunghe e poco arcuate. O la calma piatta. E il corpo che prova ad essere pesce. Tra i pesci, forse. Senza il celeste rimarcato delle piscine. Ma, anzi, con tutte le storture del caso: le alghe, la sabbia, i ciottoli che infastidiscono i piedi, il sale. Bisogna approfittarne prima che sia la stagione dei gesti sobri.
Di Carvelli (del 24/07/2006 @ 14:12:52, in diario, linkato 1465 volte)
A un certo punto, un'illuminazione. Pensi di aver capito tutto. Connetti due punti e si accende una lampadina. Per due o tre cose che stai pensando in quel momento si crea una piattaforma di senso. La relazione logica si chiarisce e ti appropinqui ad una verità. Mai svelata. Semplice eppure rivoluzionaria. Semplice ma geniale (come solo il genio sa approntare). Lungi dall'orgoglio cerebrale vorresti appuntare la tua scoperta ma sei in moto, a....90km all'ora?...e allora lasci e cerchi di ripeterti a mente quella verità percepita...schivi una macchina, sorpassi (a sinistra e poi all'inglese). Ti ripeti la tua scoperta. Ossessivamente. Ormai credi di averla passata allo stato delle cose chiare, di quelle dette e col copyright. L'hai brevettata. A mente è tua. Ha il tuo cognome. Due chilometri o poco più alla prossima base: lì carta, lì penna. Arrivi e sei subissato di domande, richieste, cose comuni, assistenze varie, pranzi e cene. Tutto scappa. Poi ci ripensi e non si sa perché non ricordi neppure una virgola di quello che avevi pensato, orgoglioso poco prima. Per un po' ti sforzi (ma è inutile). Poi capisci benissimo una verità che prima non avevi formalizzato e che ora capisci essere al di sopra di ogni cosa: la vita è beffarda. Almeno certe volte.
Di Carvelli (del 25/07/2006 @ 09:20:26, in diario, linkato 1474 volte)
Ieri ha piovuto, io zappettavo un po' il giardino della casa e piantavo i rampicanti che avevo nella casa di prima in vaso. Chissà che faccia avranno fatto (le piante) magari la stessa che facciamo noi quando ci togliamo le scarpe dopo una giornata di duro cammino? Magari, come è ovvio, non è una buona stagione per mettere in terra nulla. Ma poi ha piovuto e ho pensato "vedrai che ora quelle (le piante) capiscono che è un'altra stagione e non c'è problema, si adattano subito". La pioggia mi bagnava la maglietta. Io ero rannicchiato a fare il buco. Avevo due gocce di sudore sul labbro superiore, poi è arrivata qualche goccia di pioggia e si è confuso tutto. Non ha piovuto molto ma il cielo era coperto (le piante vedono?). Se fosse piovuto di più forse sarei rimasto lo stesso rannicchiato a scavare e forse un giorno lo farò, magari con un ombrello. Ogni volta (è capitato solo due volte per ora) che scavo in giardino penso di poter trovare qualcosa: perché il quartiere è vecchio e ha visto giorni di guerra terribile. Sofferenze e fughe, separazioni forzate e incertezze poi diventate morte. E una morte terribile, la stessa che in questi giorni ci lascia inermi o ci spinge pensieri ideologici. E' possibile fare ideologia della morte? La cosa che m'impegna di più in questi giorni è essere felice. Dovrei dire "cercare di essere felice" e risulterei più modesto ma cercare non mi dà l'esattezza dell'azione o me la dà nella sua ovvietà. Forse è questo che m'infastidisce. Nel libro che sto leggendo (Jonathan Safran Foer - Molto forte, incredibilmente vicino) c'è scritto: prima "Gli errori che ho commesso sono morti, per me. Ma non posso ritirare le cose che non ho mai fatto" poi "E' meglio perdere che non aver mai avuto". Alle volte le ricette sono buone ma non sono all'altezza gli ingredienti o ci ostiniamo ad usare quelli sbagliati, o a mischiarli male. Stamattina c'era una bell'aria ma non sono riuscito a capire da nulla se fosse o meno piovuto nella notte. Ma faceva fresco (un po' più fresco) e ho pensato che forse dura ancora un giorno la primavera delle mie piante.
Di Carvelli (del 25/07/2006 @ 14:11:12, in diario, linkato 1967 volte)
Di Carvelli (del 26/07/2006 @ 09:31:56, in diario, linkato 1529 volte)
Leggevo Il passeggiatore solitario di Sebald, un libriccino sulla figura di Robert Walser, e sono rimasto colpito da un passo in cui si cita Walter Benjamin sui personaggio dello scrittore svizzero: essi verrebbero "dalla follia, e da nessun'altra parte. Sono figure che hanno la follia alle spalle e perciò restano sempre impregnate di una superficialità così lacerante, così totalmente disumana, così imperturbabile. Se si volesse riassumere in una parola ciò che hanno di gioioso e inquietante, si potrebbe dire: sono tutte risanate". Non so cosa mi colpisce. La dialettica degli opposti, la sottile linea di confine tra due stati (dell'anima), una spiegazione seconda (lì dove c'è una spiegazione prima)? O forse un presentimento realizzato? Quello di guardare all'opera dello scrittore svizzero (con passione, con ammirazione, con gratitudine) come ad una panacea dell'inquietudine (quali altri scrittori alla mia lettura la stessa sorte? Thoreau? Handke del Canto alla durata? Pessoa del Libro dell'inquietudine?). Quello di aver sempre letto la sua opera come la prova di una guarigione, un medicinale ottenuto per veleno, come un siero benefico per il morso di vipera ottenuto dal suo stesso veleno.
Di Carvelli (del 27/07/2006 @ 08:54:24, in diario, linkato 1599 volte)
Non dirò mai, ad esempio, "tre etti (e tutte le sue varianti) di pane sciapo (e tutte le sue varianti)". Non dirò mai "è rimasto del pane senza sale?". Non dirò mai "va bene lo stesso" a chi rimarca che quella forma è sciapa. Viceversa, dove servirà (Toscana? Umbria?) sarò pronto a specificare che lo voglio proprio col sale e che "no se è senza sale no". Piuttosto niente (mi dirò a mente) o a loro "è rimasta un po' di pizza? panini all'olio?" Perfino il pane in cassetta, i crackers, i grissini... Ma il pane sciapo no. Eppure ieri sera ho indicato un'unica forma di pane in una rosticceria e ho finito per mangiare pane sciapo. Senza gusto e con rassegnazione.
Di Carvelli (del 27/07/2006 @ 12:21:34, in diario, linkato 1482 volte)
Chissà che cosa ricorderemo di questo tempo. La tua testa reclinata appena sulla mia spalla mentre una voce turca dall'altoparlante ci dice di fare quello che sappiamo già: allacciare e slacciare le cinture, alzare e abbassare lo schienale, chiudere il tavolino. La leggera pressione della tua testa, attutita dal cuscinetto leggero dell'orecchio e un sonno che non si può dilazionare, rinviare. Lo stesso sonno di te bambina, di me bambino. Di tutti i bambini di tutte le gite scolastiche e/o familiari. La chiusa sfibrata di una pausa vacanziera, di una gita fuoriporta ("fuoriporta": nella nostra infanzia ignara si tramandava ancora lessicalmente una pianta già superata da piani regolatori tentati e falliti), di un andare altrove - case di parenti? battesimi? cresime? comunioni? degenze ospedaliere? - da cui si tornava spossati e la macchina era un anticipo incolpevole del letto. Appoggiare la testa alla spalla di qualcuno: ecco la radice della serena appartenenza, l'intimità, la sicurezza, la fiducia. Di più. Mi dici che "vuoi di più". Ti dico che "voglio di più". Che non basta, diciamo. Che "non è questo", pensiamo o raccontiamo ad altri noi, noi tutti. Decliniamo un altro fumoso. Non sappiamo dire come diradare la nebbia di quel che ci manca ma dichiariamo cecità e scontentezza. Al massimo piangiamo tempi migliori. Di noi migliori. Ma un giorno, chissà quando, ricorderemo solo quella sopportabile (perché onorevole, fiduciosa, intera) pressione di un orecchio e di una testa. Non più di questo.
Di Carvelli (del 28/07/2006 @ 08:42:31, in diario, linkato 1463 volte)
Ormai sembra impossibile dissentire. I picchetti dei distributori incrociano le braccia sull'ingresso della metro. Sembra arduo liberarsi da questo volantinaggio coatto. L'ortodossia rivoluzionaria del giornale a 0 lire obbliga ad allungare la mano. Ci si vede costretti a passare forzando il blocco editoriale delle loro copiette striminzite o ad accettarne il dono. La ritrosia è inattesa. Li spiazza e li delude, li innervosisce. E' la dittatura dell'omaggio, del regalo. Della pubblicità (in senso ultimo) condita con info. Prima espressione: info+intrattenimento+pubblicità=televisione. Da cui (seconda espressione)televisione+carta=free press. Varcato il confine a fatica si entra in vagoni che sono uno sfogliare di ali di farfalla. Un minuto, un'idea, delle idee. Una cultura veloce ma efficace. E forse anche la costruzione (economica cioè gratuita più lo sforzo della vista) di una serie di certezze, sucurezze, sicumere.
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