Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
LETTI DISFATTI
Amano le stanze ombreggiate, le carte da parati consunte, le crepe nel soffitto, le mosche sul cuscino. Se ti viene la tentazione di allungarti, non essere sorpreso, non farai caso alle lenzuola sporche, al raschio delle molle arrugginite mentre ti metti comodo. La stanza è un cinema buio dove si proietta una pellicola sgranata in bianco e nero. Un’immagine sfuocata di corpi svestiti nel momento della dolce indolenza che segue all’amore, quando il più malvagio dei cuori arriva a credere che la felicità può durare per sempre.
Scrivere è una partita a scacchi «I miei avi per secoli sono stati preti serbo-ortodossi e potrebbero scandalizzarsi — premette Simic —, ma per me, ateo, la poesia è una vera e propria religione. Sono un metafisico dei lati oscuri dell’anima, uno che non crede in Dio e prova a comprendere se stesso e l’universo confidando solo sulle intuizioni e l’abilità di pensiero». Doti coltivate praticando il gioco degli scacchi. «Ogni poesia è una nuova partita — dice Simic —. Guardo la pagina nel modo in cui un giocatore guarda la scacchiera. Provo a immaginare le mie possibilità di vincere o perdere. E mi servono giorni, a volte mesi, per vedere cosa ho esattamente sotto il naso. Per capire quale pezzo è nella posizione migliore per far male all’avversario».
Il resto qui: http://lettura.corriere.it/il-club-simic/
Uomini divinizzati per la loro crudeltà
È vero che i tiranni hanno dita lunghe? È vero che piazzano le loro trappole dietro dipinti della Madonna in palazzi tenebrosi trasformati in musei?
Tutti amiamo i loro occhi febbrili puntati al cielo. Tutti amiamo anche la Venere nuda. Ci guarda da un letto disfatto con un sorriso e la mano sull'inguine.
Lei vede il padrone appostato dietro le nostre spalle.
È vecchio, è cadaverico, è vestito da custode del museo, e indossa guanti grigi, perché, ovviamente, ha le mani rosse.
Ho visto Bella Addormentata e mi è piaciuto con i però. I però: sono troppo giustapposte le storie laterali. E, anche se rimandano come exempla giustificati al tema principale (il libero arbitrio), sono in un rapporto troppo adesivo con quello. In particolare la storia del medico “salvatore” è un po’ debole. Certo a prendere di petto una storia (quella della Englaro) ci va coraggio e forse questa commistione di storie aiuta a stemperare il corpo a corpo. Altro però è la lunghezza. Non mi piace il titolo anche se funge allo scopo ma è uno scopo che mi sarebbe piaciuto fosse in retroguardia. Il tema dell’immagine (da qui anche la bellezza, le parole del premier su Eluana… “una bella ragazza”) ritorna anche nel discorso del politico Servillo ma il titolo lo avrei preferito meno diretto (ma si sa che ai nostri produttori i titoli piacciono chiari, anche in traduzione vedi alla voce Se mi lasci ti cancello). I non però sono nella buona regia ma soprattutto nella recitazione. Gli attori sono quasi tutti bravissimi. Ci sono alcuni momenti del film che ho trovato belli: Servillo che parla da solo per i vicoli dell’intorno Montecitorio. La doppia follia dei manifestanti (l’ostentazione del dolore in particolare). Non mi interessa disquisire sulle polemiche veneziane. Non so se avrebbe potuto (non dovuto, però) vincere. Ma il film non è provinciale (nemmeno nel senso in cui piace agli americani). Il film ha però qualche pecca significativa che forse si sarebbe dovuta risolvere in fase di scrittura. E con i però non si vincono i festival. Ma si possono comunque fare dei bei film. Coraggiosi, ad esempio (ma non… exempla).
A cancellare e poi a riscrivere ci va la forza del gomito, lo sfiato di una pena e - a pensarci bene - anche il precipizio del nuovo. Senza paura e senza certezze. Tutto un calcolo che non dà uno né mille. Tutto un fare che disfa e spesso ricrea dal niente. Una cosa che a molti non piace.
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