Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Più di una volta ne ho scritto qui e altrove. L'importanza di avere un editor. Una persona - ma qualche volta è un'anima, davvero - specializzata nell'ascolto letterario. Magari una persona che ti legge nel durante e non solo nel dopo. Che ti conosce più di un marito o una moglie. dal punto di vista della scrittura o dell'anima che la forgia. sa delle tue letture. sa per le tue letture. Alle volte c'è addirittura un'anticipazione. Qualcosa che se non sei abituato a frequentare il mistero delle coincidenze ti può anche stupire o addirittura farti cadere nel baratro di una sorpresa che non hai mezzi per spiegare. Come in questa poesia che mi manda, che legge per me. Il me che la conosce in anticipo e la cita senza saperla. Con la vita. Con le parole. Di una scrittura della vita presente. Avete presente?
Dolore Mi sono svegliato presto, stamattina, e dal letto ho guardato lontano nello Stretto e ho visto una barchetta traversare le acque agitate con una sola luce accesa. Mi sono ricordato di un mio amico che era solito chiamare a gran voce la moglie morta dalla cima dei colli attorno a Perugia. Che ha continuato a mettere un piatto in tavola anche per lei per molto tempo dopo che non c'era più. E apriva le finestre per farle godere l'aria fresca. Queste manifestazioni le trovavo imbarazzanti. al pari degli altri suoi amici. Non riuscivo a capirle. Fino a stamattina.
La poesia è tratta da Orientarsi con le stelle di Raymond Carver (minimum fax, per ora)
Un'intervista a la Repubblica di qualche settimana fa (ricevo e pubblico...questa risposta in particolare che ho riletto più e più volte). La Gallagher racconta la sua vita con Carver (in questo caso è un editor in casa quello di cui si dice, un editing-vita):
«A Ray piaceva svegliarsi presto, verso le 7. Si preparava il caffè, cucinava la colazione, il suo pasto preferito, lavorava un' oretta e mi aspettava, visto che a me invece piace prendere le cose con calma. Facevamo un' altra colazione insieme, discutevamo della giornata. E se avevo fatto qualche sogno voleva che glielo raccontassi, perché lui non sognava quasi mai. Dopo colazione, riprendeva a scrivere e spariva. Quando lavorava alla prima stesura di un racconto, ci dava davvero dentro. Però se era in fase di revisione, mi chiedeva di dare un' occhiata e mi chiedeva un parere. Se c' era un problema andavamo a cercare la soluzione con una passeggiata al fiume. Di solito, la parte più difficile era il finale perché si doveva trovare un opportuno punto fermo a tutto quanto era stato messo in moto. Io potevo solo indicargli le forze in azione nella storia e che pressioni esercitavano sui personaggi principali. La cosa lo aiutava molto perché gli dava un punto di vista esterno, una specie di visione dall' alto. Se non dovevamo scrivere, nel pomeriggio andavamo a pesca di salmoni nello stretto di Juan de Fuca, Dovunque fosse, Ray doveva sempre mangiare alle cinque del pomeriggio perché aveva un calo di zuccheri ed entrava subito in ansia. E' strano ma anche a distanza di vent' anni a quell' ora penso sempre a lui. Penso: Ray avrà fame. Una delle nostre regole era che dopo le sei smettevano di parlare di «affari», cioè di cose riguardanti l' insegnamento, l' organizzazione di viaggi, i rapporti con editori. Ci raccontavamo aneddoti, scambiavamo pettegolezzi su parenti e amici, guardavamo un film o un programma d' informazione. Leggevamo, a volte l' uno all' altro. Per lo più io leggevo poesie a Ray. Alle dieci di sera, lui staccava il telefono, non gli piaceva ricevere telefonate di vecchi amici che a quell' ora avevano bevuto un po' troppo. Andavamo a letto presto. Non so se reso un' idea, alla fine ci divertivamo molto insieme. Sembrava sempre che ognuno di noi sapesse esattamente che cosa avrebbe fatto sorridere l' altro».
Da www.mattatoia.splinder.com
Non accorrerò quando chiamerà
anche se mi dirà ti amo,
specialmente se lo dirà,
anche se giura
e non promette altro
che amore amore.
La luce in questa stanza
copre ogni
cosa nello stesso modo;
neanche il mio braccio fa ombra,
anch'esso
consumato dalla luce.
Ma questa parola amore...
questa parola s'oscura,
s'appesantisce e si scuote, comincia
a farsi strada coi denti, con brividi e convulsioni
su questo foglio
finché anche noi scompariamo quasi
nella sua gola trasparente e siamo ancora
separati, lucidi, fianchi contro coscia, i tuoi
capelli sciolti che non conoscono
esitazioni
R. Carver, Orientarsi con le stelle
Ieri la sputaDVD - complice la mia voglia di rischiare il nuovo - mi ha rifilato questo film.
i heart huckabees - Le strane coincidenze della vita. Un film del 2004 che mi era passato completamente inosservato. Ma completamente proprio. E con un cast di questa grandezza (e sorprendentemente di questa mescolanza) mi stupisco. Non che vado a vedere film per cast ma... (ma la mescolanza avrebbe potuto attrarmi).
Il film mi ha inaspettatamente divertito, inaspettatamente rasserenato, inaspettatamente fatto pensare (e qui inaspettatamente sta pure per autolesionismo). Una commedia sull'essere se stessi/essere felici. Le coincidenze le ho viste a latere (e sono personali). Il film mi è piuttosto apparso un divertito turbinare di psicologismi con un fronte ironico che sbeffeggia lo scavo interiore a la page e uno tematizzante (per quanto a superficie) che ne semplifica le conclusioni (dello scavo) in un "gli estremi si toccano e si autoannullano o autoapprovano". La frase su cui s'incaglia l'llegra teoria della ripetizione incarnata dai due detective psicologici è questa e mi piace ripetermela e ripetervela. Ad libitum.
COME NON ESSERE ME STESSO
COME NON ESSERE ME STESSO
COME NON ESSERE ME STESSO
COME NON ESSERE ME STESSO
Ieri laRepubblica in prima pagina:
Il Cavaliere "Sì al dialogo o riforme da solo"
Sto variamente leggendo, sfogliando, spulciando o curiosando intorno ai libri che vedete sopra. Alcuni sono bottino di una rapina legalizzata su una bancarella, altri sono bottino di rapina a pieno prezzo in libreria. Per molti la lettura sarà un'agonia, per altri una febbre a bollire o bassa e continua. Nascerà qualche amicizia. Qualcuna si chiuderà. Con qualche libro ci si frequenterà ancora e ancora. Come con l'anima sofferta della Pozzi (sotto appongo poesia). Di Snyder mi porterò dietro tanto ancora, il tanto che mi aiuta a stare al mondo o al pianeta, alle cose di sempre, di oggi. Della Varvello riesco a raccontare i racconti come se fossero storie mie (non sono storie mie, neanche in senso lato). Li so raccontare, come se me li avesse detti un amico e lo avessi ascoltato incuriosito. Ogni tanto (per qualcuno) mi piace modificare il finale per far sì che chi mi legge non abbia l'impressione di una storia inventata dopo che tutto fino a quel momento è sembrato il registro della verità. Poi leggo Celati e mi compiaccio della lateralità, della capacità di spezzare sempre il fiato, d'inventare sport nuovi o recuperarne di antichi. Avere da dire: è questa la natura quintessenziale dei libri.
La porta che si chiude
Tu lo vedi, sorella: io sono stanca, stanca, logora, scossa, come il pilastro d'un cancello angusto al limitare d'un immenso cortile; come un vecchio pilastro che per tutta la vita sia stato diga all'irruente fuga d'una folla rinchiusa. Oh, le parole prigioniere che battono battono furiosamente alla porta dell'anima e la porta dell'anima che a palmo a palmo spietatamente si chiude! Ed ogni giorno il varco si stringe ed ogni giorno l'assalto è più duro. E l'ultimo giorno - io lo so - l'ultimo giorno quando un'unica lama di luce pioverà dall'estremo spiraglio dentro la tenebra, allora sarà l'onda mostruosa,
l'urto tremendo, l'urlo mortale delle parole non nate verso l'ultimo sogno di sole. E poi, dietro la porta per sempre chiusa, sarà la notte intera, la frescura, il silenzio. E poi, con le labbra serrate, con gli occhi aperti sull'arcano cielo dell'ombra, sarà - tu lo sai - la pace.
Ecco cosa succede ad avvicinarsi troppo alle cose. Se ne vede la grana. Ecco, succede questo. A stare troppo addosso alle cose succede questo. E succede anche ai racconti. Se li rileggi dopo un po'. Tu che pure li hai scritti. Quindi, parte di te. La versione completa di quello che hai fatto si smarrisce. E rimane tutto a vorticare come quelle immagini di superfici roteanti che si sovrappongono e si separano: lo sfondo, il primo piano, il pensiero che tutto tiene, ancora lo sfondo. Il galleggiare delle lettere sul piano geometrico che le trattiene. Tutti pezzi sparsi a cui viene meno il sentimento del completo. Non siamo di questa terra pensi. Di questo sistema di segni.
O diventiamo bravi a spiegare quello che non si può spiegare. O rinunciamo a spiegarlo.
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