Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Ottenuta altra proroga. Un gatto mi attraversa la strada mentre sono in moto a 100km/h sulla Palmiro Togliatti. Tocco forse leggermente la coda o le zampe posteriori ma lo vedo fortunatamente per entrambi, sgattaiolare (morfologia del linguaggio!) nel verde "bonificato" dall'ex Casilino900. A parte questa piccola fuga (sarebbe stata davvero una beffa) per andare a vedere lo spettacolo di Baliani da Tabucchi (Piazza d'Italia) al Teatro Quarticciolo non ho fatto altro che stare sdraiato a letto per la caviglia. Visti: Dottor Stranamore, un film ceco di cui non ricordo il nome, Il sangue dei vinti, ed Eros di cui linko qui sotto la bella sigla dedicata da Veloso a Il Maestro Michelangelo Antonioni il cui episodio è scritto malissimo. Ho avuto sempre un'impressione del regista ferrarese da Identificazione di una donna in qua: che si sia concentrato sul tema della donna (il titolo non è casuale) cogliendo particolari ma sottintendendo - purtroppo poco credibilmente - universi. E' come se intuisse ma non avesse strumenti per dire. E' come se sapesse ma non sapesse dire e questo è problematico se non è chiaro che il film è problematico (vedi di nuovo il titolo dichiarativo). Anche l'episodio del film a più film di Antonioni contiene piccole non-verità, problematicità rivestite d'intuizione. Il risultato è nichilismo e inettitudine amorosa. Nulla che ci porti più avanti o più indietro, in una zona scura in cui sviscerare il magma che non erutta. In definitiva a parte la bellezza rotonda e imperiale di Luisa Ranieri poco altro rimane per pensare qualcosa di utile o in corsa verso la necessità.
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Dove c'è vento lì sono io ma non in persona, in parole. Cose che ho detto tanto tempo fa, cose che ho scritto perché fossero dette. Dove c'è vento lì sono io e dico le parole che vorresti aver sentito o sentire. Dove c'è vento lì sempre sarò. Non penserai "da quanto non c'è?" e se sono morto. Ci sarà vento e dentro le mie parole. in un certo modo pure io ci sarò. O così ti sembrerà.
Trangugio spesso a garganella le risposte di Milana Runjic su Internazionale come questa della settimana che chiude...
Sensibilità maschile
Cara Milana, le donne dicono sempre che gli uomini dovrebbero essere più sensibili. Ma non sopportano quando il loro uomo piange. Perché?
Internazionale 836, 3 marzo 2010
Ho sempre pensato che quello maschile sia il sesso più sensibile. Le donne sono più complicate ed esigenti. Per molti uomini la cosa più importante è essere lasciati in pace. Con i loro amici, i loro hobby e la tv.
Ma per noi donne non è facile accettarlo. Rispetto agli uomini siamo più combattive, abbiamo rapporti più burrascosi, umori più intensi, insoddisfazioni più grandi e la quantità di parole che possiamo pronunciare è superiore a quella del più logorroico degli uomini. Facciamo fatica a spiegarci perché gli uomini sono così pigri. Forse si tratta di una loro fragilità innata, scritta nel dna.
Le teorie sulla possibile estinzione dei maschi, e quindi del futuro autosufficiente delle donne, non sono così folli come sembrano. Ma non mi piacerebbe vivere in un mondo senza uomini: riescono a rendere la vita più sopportabile, a volte anche magica. Piangono raramente, ma quando succede sono commoventi. Abbassano lo sguardo e lasciano scorrere le lacrime lungo il viso, senza smorfie, senza singhiozzi. Per secoli hanno dovuto essere “maschi alfa”, ma oggi non lo sono più.
Sono dolci e letteralmente smarriti in questo mondo dai contorni affilati. Ecco perché bisogna lasciarli piangere quando hanno voglia di farlo. Perché per loro non è affatto facile.
www.internazionale.it/firme/articolo.php?id=23079
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THIS BITTER EARTH BY CLYDE OTIS SUNG BY DINAH WASHINGTON
This bitter earth What fruit it bears What good is love That no one shares And if my life is like the dust That hides the glow of a rose What good am I Heaven only knows
This bitter Earth Can it be so cold Today you're young Too soon your old But while a voice Within me cries I'm sure someone May answer my call And this bitter earth May not be so bitter after all
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Non crede di aver sbagliato persona. Ma non parla di me ché non sono quello che dice. Non sono quello che pensa. Non mi riconosco nelle sue parole. Dico: non fidarti del tuo sguardo. Piuttosto domandati cosa vuoi vedere a prescindere da me. Lo dico perché tu possa trovarlo altrove. Non qui dove non c'è. Ma non c'è verso ed è probabile dunque che quel qualcosa c'è e che io non lo vedo. Un'ipotesi che non prendo in considerazione. O almeno non per via teorica.
Oggi 16 marzo Tonino Guerra festeggia i suoi 90 anni. Come qualcuno forse sa nel lontano 1992 mi laureai proprio con una tesi sulla sua opera narrativa - a cui di gran lunga si è sempre preferita quella poetica in dialetto romagnolo e cinematografica (è stato uno sceneggiatore di molti e importanti film) - e sulle dinamiche di scambio tra essa e la scrittura del film. Proprio da un film nacque il mio interesse per questo autore di Sant'Arcangelo. Non un film strepitoso ma da un soggetto che poi letto avrebbe fatto da carota per il mio lavoro. Era Il frullo del passero, di Mingozzi. Il plot era di Tonino. La storia di una giovane mantenuta che rimane senza protezione alla mote dell'amante e decide di accettare quella di un ottantenne che le chiede solo di ascoltare i suoi racconti. In un crescendo di realismo magico i racconti del vecchio anticipano le vicende d'amore della ragazza. Cito oggi una poesia - solo nella traduzione in italiano - molto bella di Guerra che è nella stessa raccolta di prose e poesie dal titolo Il polverone.
La farfalla
Contento proprio contento sono stato molte volte nella vita ma più di tutte quando ci hanno liberato in Germania che mi sono messo a guardare una farfalla senza la voglia di mangiarla.
Due citazioni da due libri e due autori che amo. Non casualmente sono rispettivamente una lettura notturna e insonne e una diurna e assonnolita. Dal Viaggio al termine della notte, la prima e da Le lettere, la seconda.
Mentire scopare morire. Avevano appena proibito di tentare qualcos'altro. Si mentiva con rabbia al di là dell'immaginabile, molto al di là del ridicolo e dell'assurdo (...) Così erano messi tutti. Si faceva a chi mentiva molto più degli altri. Presto non ci fu più verità in città. LOUIS FERDINAND CELINE
Fuggi da ogni grandezza: la vita nostra in una povera casa può andare oltre quella dei re e degli amici dei re. (...) la roba che non ci si adatta è come il calzare del proverbio che troppo largo ci inciampa e troppo stretto ci piaga. ORAZIO
E' una questione numerica, in definitiva. Penso. Magari non semplice ma, in definitiva, solo una questione di numeri. Ieri ho perso un guanto. I guanti, si sa, sono due. Come gli orecchini che però - la New Wave insegna - possono essere indossati pure singolarmente. Come le scarpe che invece è difficile che non siano due. I calzini. Tutte cose che vanno in coppia. Anche se è vero che esiste un guanto da lavoro singolo. Ma io ho perso un guanto da freddo (si può dire guanto da freddo? Forse no. Ma io ho perso un guanto da freddo: e questa è una questione lessicale, concedetemelo). Non come i pantaloni che sono uno. Come era bella mia madre quando mi diceva "ti ho stirato il pantalone". Nella sua infinita semplicità aveva risolto ogni contraddittorio scegliendo nel vocabolario la versione mono. Ieri sera, passeggiando attorno ai palazzi del nostro quartiere, io e S. e il suo cane R., io ho perso un guanto. Ora ne dovrei avere uno e invece lo ha S. che ha promesso di rifare lo stesso giro oggi con R. per ritrovare il secondo. Forse glielo darà da annusare e lo troverà lui, R. - oddio sto prendendo una deriva eccessivamente fantastica. Forse il secondo guanto non si troverà e a S. o a me rimarrà un solo guanto. Ma un solo guanto non funziona. Un guanto da solo non dura. Oggi penso a tutte le cose o le persone che dovrebbero essere due e invece sono uno. E non basta.
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