Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Sistemo i miei quattro oggetti e faccio casa intorno a me. Metto punti cardinali in un luogo non mio. E diventa mio. E diventa per sempre. O dovrei dire "diventa da ora in poi". Così ho fatto. Così farò sempre. Arredare un'anima passa per questo poco. Nessun luogo è prigione. Nessuno è prigioniero.
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Non mi piacciono gli oleandri e forse è perché qualcuno a un certo punto mi deve aver detto che le foglie sono velenose. Non mi piacciono le pubblicità con i doppi sensi sessuali, quelle con la complicità femminile, quelle con i disturbi intestinali (anche quelle radiofoniche). Non mi piacciono le donne che si spazzolano a lungo i capelli: mi vengono in mente le bambole o i film dell'orrore. Non mi piace quando sotto la tazzina del caffè, nel piattino, rimane quel po' di acqua marrone. E non è bello scoprire una macchia, dopo, sulla camicia. Non ho nulla in contrario alle donne che si coprono i seni nudi, entrambi con un solo avambraccio, ma mi fanno pensare a mia madre e questo mi mette un po' di tristezza. Mi irritano le troppe cure per gli animali domestici. Mi mancano le uscite da scuola con quella febbrile ansia di viaggio e di fuga. Mi manca il peso del vocabolario tra le braccia a cose fatte: versione di latino o greco, compito d'italiano. Mi piace la domenica sera ma non è per merito del lunedì. E il lunedì sera ma non è merito della giornata. Mi piace addormentarmi sul divano, mettermi a letto con le lenzuola pulite, alzarmi per andare a bere (ma non per forza in questa successione). Mi piace che oggi sia oggi e non domani e neppure ieri. Ma mi piace ricordare e anche immaginare e in tutto questo sento una forma di equilibrio ma magari mi sbaglio.
Forse è l'unico libro dell'autore in questione che manca nella mia biblioteca personale e forse è perché l'ho avuto da prestito bibliotecario e l'ho letto così. Quindi l'ho letto ma non ce l'ho. Ma siccome trattasi di cosa di almeno 15 anni fa l'ho comprato per rileggerlo. Il libro di cui si dice è di Bruce Chatwin e s'intitola Che ci faccio qui? Un titolo profetico o fatico. Adatto al viaggio. E in viaggio lo porto. C'è una storia illuminante dentro. Maria Reiche: l'enigma della Pampa. Cito i brani che mi hanno illuminato e al tempo dirò perché.
Brano 1: "Wittfogel sosteneva che, dovunque vi fosse un'agricoltura con sistemi d'irrigazione su vasta scala, si sarebbero trovate schiere di schiavi con relativi sorveglianti. Si sarebbe riscontrata inoltre un'esplosione demogafica e, con essa, l'affermarsi di uno Stato centralizzato, con dittatori militari e guerre oltre i confini, dettate dalla volontà di assicurarsi manodopera a basso costo o gratuita e di ottenere la pace in patria seminando il caos all'estero. Quegli antichissimi Stati ebbero i primi informatori prezzolati e adottarono metodi polizieschi, l'assassinio sistematico dei rivali e una spietata disuguaglianza, con una ricchezza accumulata nelle mani di pochi mentre la sorte delle masse era un'atroce indigenza".
Brano 2: "Forse ha maggiore importanza un dato che tutti gli Stati, antichi e meno antichi, hanno in comune: per raggiungere l'unità scelgono un fulcro simbolico e rituale - che quasi invariabilmente ha sottintesi religiosi - facendo appello all'ordine inflessibile del Cielo per sanzionare l'autorità sulla Terra. (...) I megaliti di Stonehenge, il Tempio del Cielo a Pechino, la Piazza Rossa, San Pietro, la Ka'ba alla Mecca, la Versailles del re Sole o la Grande Piramide (...)"
Di Anna vedova non viene facile dire
Di Anna vedova non viene facile dire. Il fatto è che – e già l’ho detto – una donna senza figli a cui muore il marito rimane con un dolore corto. O almeno è opinione diffusa che un dispiacere in solitaria non debba avere la stessa vibrante attenzione che merita un male spartito con altri, figli piccoli o adolescenti. E così, a esequie avvenute, a qualche mese di attenzione di amici e parenti suoi, amici e parenti di lui, Anna è rimasta lì, in un angolo un po’ sfortunato. In un cono di ombra infelice e sconsolato. E stiamo ancora parlando della percezione altrui.
Anna ha fatto pace con il suo passato. E’ come se si fosse detta “ho avuto questo dalla vita” e fa un elenco:
un uomo che mi ha amato per anni
un uomo che ho amato per anni
dei viaggi in moto, in tenda
litigare e (soprattutto) fare pace
delle ore in cui ho fatto l’amore
un silenzio lungo ore o il sonno subito dopo
un cane già vecchio da portare per qualche anno a fare la pipì a turno
una macchina a cui pagare l’assicurazione facendo a chi si ricorda prima
uno specchio grande davanti al quale vedersi in due
due, la mia e la sua, cerimonie di laurea fatte da grandi e quindi senza tutte quelle bramosie e aspettative giovanili
estati da pianificare
feste da santificare e (soprattutto) da spartire con equanimità tra le famiglie
andare e (soprattutto) tornare dai grandi magazzini
la spesa fatta insieme alla domenica
la lista che l’anticipa
le discussioni sulla lista medesima
tanti oggetti brutti (secondo me) per scelta di lui a cui ora non rinuncerei per nulla al mondo
libri (di lui) che non ho letto, che mai avrei letto e che ora sto leggendo
libri miei (che lui mai avrebbe letto) e che ora leggo a brani, ad alta voce come se lui potesse sentirmi
apparecchiare per due
mangiare anche se non ho fame per fargli piacere
strofinare col sapone i colletti delle camicie (magari facendo un po’ di storie)
lavare la biancheria intima sua o la mia pensando a quando erano indosso.
E ora che ci ripensa le sembra davvero molto.
Particolare =≠ Universale. Ieri mattina come tutte le mattine di questa settimana ero da S. di cui già ebbi a dire "la persona più intellettuale che abbia mai conosciuto nonostante faccia di mestiere l'estetista" e lo ribadisco senza tema di supponenza ma per dire esattamente come le cose stanno e anche perché la correttezza politica qui poco conta o conta poco tout court. Ieri mattina mi rimproverava così "Tu non ascolti. Tu non cogli i particolari" e usava quel "particolari" come se dicesse "universali". Cioè dava alla parola proprio una sinonimia. Diceva particolari ma intendeva "quello che conta, che è importante". E non conta qui dire cosa. Conta che io spesso vado per le generali e in questo andare per intendo "vado per le cose importanti". Sono le cose importanti le cose generali, in genere (generiche)? Forse no.
Eppure sono un osservatore di particolari. Mi piace for example certi piccoli gesti che fanno le persone. Il modo in cui si spostano fisicamente nell'asse della conversazione. I sorrisi che uno non trattiene. I moti incontenuti delle mani. Persino quella pubblicità di un olio in latta in cui un uomo salta uno steccato e la moglie lo guarda con aria maliziosa. Mi piace quando per radio sento il rumore delle sedie su cui sono gli ospiti. E persino questa piccola macchia che non è andata via sui pantaloni e ora mi ricordo di che cos'era.
E allora perché sulle cose umane (amichevoli o sentimentali) vado per universali, per norme, per assunti? Provo a concludere con semplicità: perché gli universali sono innocui. Si commentano da soli. Si autoaffermano o autonegano. Insomma si prendono e si tolgono da soli. Non come certe macchie piccole, particolari. Che non vanno via.
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