Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Di Carvelli (del 19/02/2004 @ 07:47:52, in diario, linkato 1258 volte)
Sì mangiare... intanto come. Semplice? In che senso? Sapori antichi? Ah ho capito! O almeno credevo. Credevo di saperlo prima di mangiare alla Locanda del Gambero Rosso a San Piero in Bagno. Ho una speciale considerazione per Raspelli, un mito e mi piace leggerlo al sabato su TTL de La Stampa, come leggo Petrini sempre lì e su Lo Specchio. Mi piacerebbe avere la loro abilità di recensione. Eccomi qui che non so da dove partire per raccontare questa fantasia di cappelletti, basotti, tortelli alla piastra, passatelli, tortino di tagliolini, agnello in umido, bollito servito a striscette coem antipasto, la salsiccia pazza... Eccomi qui con l'idea di aver partecipato ad un rito di sapori antichi celebrato da sacerdoti moderni e consapevoli del tempo. Pregio della trasmissione patrilineare: nonni figli nipoti. In tempi d'improvvisazioni e di mode non può non notarsi questo accordo perfetto. Scandito dalla soave voce di chi ci spiega tutto, piatto per piatto, sangiovese per sangiovese. Ho una speciale considerazione per Raspelli per cui ho chiesto (avevo visto la recensione all'ingresso) come funziona Raspelli. E funziona che arriva all'improvviso, preannunciato da un cognome locale e prenotazione per due. Per stornare belle accoglienze e sorprendere i cuochi nella media non nell'eccesso dell'esibizione. Spero di tornare.
Settimane fa un'associazione - "Hospite" - mi ha chiesto un racconto breve sullla caffettiera che è stato esposto e letto il 7 febbraio 2004 a Villa Lagarina (Tn) - via Degasperi, 28 loc. Pederzano tra le 16°° 19°° e che poi andrà a formare un catalogo. La prosa è questa:
Tradizione e perversione
Ci sono regole anche se questo non è un gioco. Perché è serio il ruolo ed è totem delle case la caffettiera. E’ il punto cardinale che indica il mattino. Talvolta un rito collettivo se la tazza non è una ma molte. E allora la torre di acciaio svetta e cambia il suono del caffè che sale lungo il cilindretto dell’interno con gorgoglii cavernosi e il filtro può contenere un quarto di una confezione da caffè e l’ho visto con questi occhi e queste mani per fare caldo un set di Napoli in qualità di tuttofare. Come so – sempre da stasi napoletana – che una caffettiera è anche un mistero del sempre acceso, del sempre in opera. E alla fine nel vuoto della casa, di una casa piena di gente e cose, sempre una palla al centro della cucina. Sempre fumante come se un temporizzatore magico producesse quel nero caldo di ogni ora. E questa è tradizione. Come lo sono il rito dello sporco, del non lavato ed è l’unica stoviglia che ha un privilegio simile in una cucina. L’unica che non può stare ferma mai. L’unica che ha bisogno di lavoro continuo per essere in forma, come un calciatore, uno sportivo. Per la perversione bisogna aspettare perché l’infrazione qua costa cara e allora chi fa del primo caffè crema con lo zucchero o nasconde un pezzetto di cioccolata nella polvere del caricatore è uno che gli va di scherzare e comunque è un una tantum. Ma alla fine contano più le regole, la tradizione, l’atto del tramandarsi e anche qui siamo nella rarità dei punti fermi. E anche se l’esercizio dei disegnatori è pregevole non morirà mai il nero della C in grassetto del manico, quello del diamante che alza il coperchio, e i due prismi che si avvitano tra di loro per fare di un principio fisico la droga da cui mai disintossicarsi.
Fare coro? Dire del dispiacere e fingere lacrime? O nichilisticamente dire che il successo non è tutto nella vita? Che il carattere è quello che conta? Che campioni lo si è prima nella vita? Sono reazioni normali (per me). Io credo in questi assiomi fino al limite della cattiveria. Ma so che la cattiveria che è toccata in sorte al Pirata avrebbe ammazzato un bue. La malasorte (bisognerebbe usare parola napoletana per sentine l’assonanza onomatopeica) è stata pervicace e allora la compassione vera, il dispiacere umano e un ricordo quello delle letture in cui ne imitavo la voce
(in questa foto con gli amici Port’alba a Napoli, quanto ci si divertiva e che grandi serate, speriamo di replicarle), leggendo un brano di “Bebo e altri rbelli. La rivoluzione spiegata alle commesse”. Chissà se si potrà rileggere con quella leggerezza quelle clonazioni di interviste al Pirata!
Sono reduce da un malinteso ufficiale (dell’ufficio) in cui propendevo per la sostituzione del litigioso (anche se spesso interessante) Il Foglio in luogo del Manifesto. Naturalmente bordate di fischi e indignazione (da una parte) qualche assenso da un’altra e io in mezzo che mi espandevo in una glorificazione non della linea politica del giornale ma nella sua unicità. Che in breve riassumo. Il manifesto è l’unico quotidiano italiano ad intervenire con una certa esaustività su argomenti alti con penne alte e articoli compiuti, piccoli saggi, direi da raccogliere. E’ l’unico quotidiano ad aver fatto della rubrica ambiente (qui Terra!) un finestra sul mondo, il clima, i consumi ecc. La domanda è: si può leggere un giornale senza cambiare colore (senza diventare rossi, senza arrosire… il gioco è telefonato!)? La risposta è Sì. Chi di voi vota per chi legge? Forse qualcuno legge chi vota, forse sì ma il contrario vi giuro (sondaggi alla mano…che bel dire berlusconiano!) non si puote. Tu alla fine voti ideologico, voti d’interesse ma leggi anche Marx vergando croce sul Berla (che tra l’altro stampa classici della discordia a suo nome)…. Come dire: la Mondadori pubblica nonostante cotanto padrone Moore e il Subcomandante e altri dissensi-latori. Ma tutto questo per dire la gioia di leggere i bei saggi-articoli di Emanuele Trevi qui (nel giornale) alle prese con Pynchon e nell’inserto libri ecc., Alias (li leggo tutti gli inserti: TTL de La Stampa e Domenica del Sole24ore) con il libro di Carrere “Facciamo un gioco” che mi intriga nel suo situazionismo performativo a Trevi sembra non tanto… Vedremo anche se in prima fila metterei il nuovo di Trevisan per assonanza con al visione del film. Comunque alla fine sai che fai col Manifesto (che non fai con altri) prendi ti strappi la pagina e te la conservi. O meglio: dopo che hai letto uno di questi saggetti ne sai qualcosa di qualcuno ed è tanto in questa epoca di stampi, veline, ansa e clonazioni.
Di Carvelli (del 14/02/2004 @ 11:46:15, in diario, linkato 1134 volte)
Eccolo, finalmente. Primo amore. Atteso, puntato e preceduto anche dalla visione de L’imbalsamatore. Intanto, non andavo al cinema con così tante persone dal liceo (addirittura Stupor davanti a me e consorte). E non me ne dolgo ma è bene dichiararlo subito. E invece concentrazione dall’inizio alla fine. Che cosa ho pensato? Che Garrone è un grande regista e parliamo di occhio dentro la macchina da presa. Mentre il film risulta un po’ appiattito, monodimensionale. Checché abbia dichiarato lo stesso (è stato diversi mesi a Vicenza per interiorizzare quei paesaggi) il film ci restituisce un Nord-Est piatto, senza sfondo. E questa dicono le mie divine amiche è un pregio (mi sa). Ma io dico che L’imbalsamatore aveva altro da dirci e un altro modo di far parlare anche le cose, i paesaggi. Vitaliano Trevisan (che è uno scrittore non male e un batterista pure) sta bene nel film ma non è un attore e si vede. Piace ma forse il ruolo avrebbe meritato altro (c’era?) e “ad ognuno il mestiere suo” forse non sono i termini della questione. La letteralità (non letterarietà!) della sua interpretazione è corretta, filologicamente. Ma dal punto di vista della drammatizzazione? Bella la scelta ancora di Garrone di far non-recitare i suoi protagonisti ma magari funziona con chi è attore di suo. Viene da chiedermi che differenza c’è tra una fotografia (o una serie) e un film. Viene da dire che forse uno sceglie di tradurre Bernhard (il grande austriaco amato da Trevisan, qui anche sceneggiatore con Gaudioso) bruciando l’esterno, cercando solo un tutto interno, anche dell’esterno (oddio fermatemi!!!). Vabbè, rischia di essere il più bel film della stagione, speriamo anche di Berlino. Ma rischia (forse compiacente) di diventare un MUST (che brutta parola, ma ormai l’ho detta!) e lo dimostra la mia amicanza che (Stupor era già andato via pure lui con una valigia di perplessità…P. Conte) inizia a dissertare di BULIMIA ANORESSIA BULIMIA BULIMIA ANORESSIA BULIMIA ANORESSIA BULIMIA BULIMIA… un flash e oddio…mi dico questo sarà un film di cartellone con tutti che escono e parlano di disturbi alimentari e io sono perplesso di come un film sia anche una paraculata (o lo possa diventare)… e vi giuro ho un capogiro. Che mi passa solo se penso alla Cescon. Davvero una scoperta. Ma che le dici? Fa tutte le espressioni che si possono fare dall’imbarazzo del primo appuntamento (bravi tutti…che realismo!!!!) alla gioia imbarazzata del seguito, alla presentazione fiera alle amiche, l’amore e su su fino alla disperazione della fine, passando per la crisi, per il servilismo per la rabbia e passando per bilance che VERAMENTE l’hanno vista diminuire di 15 (15!) chili, beata lei (povera!!! Come si è imbruttita alla fine…ti prego torna all’inizio) che mi viene voglia di andarla a vedere a teatro…vedremo. La Cescon che dire. Non ce la scordiamo. Anche se dice Antonella “Bulimia e Anoressia sono due facce dello stesso problema” e Cristiana cita IL CORPO di UMBERTO GALIMBERTI. Con tutto il rispetto… bastoooooooooonnnnnnnnniiiiiiiii (è una citazione!!!) Comunque oggi San Valentino…sarà…
L'articolo era ieri su Sette del Corsera. Il titolo "E oggi voi tifereste per Truffaut o per Godard?". La penna, quella felice di Aldo Grasso. La tesi è che esista chi crede nelle barriques e chi nelle barricades. Alla fine Truffaut uno dei più grandi e longevi (nonostante la morte e i sarcofaghi qui a latere) del cinema mondiale. Su lui ha veramente ragione il professore quando dice che Truffaut è oggi modernissimo, autore senza ombre e con una cinematografia (mi sto facendo i DVD di ciack in edicola) da conservare, non incorniciare ma rivivere continuamente. Basilare la sua intervista ad Hitchcock e la sua attività di critico. Prezioso il suo racconto dell'alter ego tra amore per il mondo delle donne (si impara da qui) e per i libri, i bambini, i ragazzi...il tempo che passa. Diciamo con Grasso che: "Truffaut, specie quando faceva il critico, aveva del mondo del cinema una concezione dura e pura. Poi ha voluto incarnare la cinefilia pacifica, l'artigianato giudizioso, il cinema ufficiale (...) Godard invece è rimasto prigioniero della sua ideologia, sembra non essere cresciuto..." Insomma non fascista ma maturo... è diverso. Ma spesso l'etichetta è la facile barricata verso chi fa liquore.
Di Carvelli (del 12/02/2004 @ 20:53:58, in diario, linkato 1067 volte)
In una parola: borsello. L’uomo è arrivato con questo prolungamento del braccio. Immagino che prima di uscire da casa la moglie gli ha detto: “Gustavo? Le sigarette!” O “Armando? I documenti della macchina!” O “Antonio? La patente!” O “Alfre’ …le chiavi!” E lui, loro, saprete cosa avrà/nno detto? Ho tutto nel borsello. L’aria tronfia, la sicurezza, ve le risparmio. Ho tutto nel borsello, il praticissimo borsello. Vera appendice da viaggio, prolungamento della mano, universo da asporto... avrà stipato tutto lì. Chiaramente c’è una deontologia. Ovviamente c’è un’ermeneutica mail discorso si fa lungo e si complica. Magari lo facciamo in B-side…
Di Carvelli (del 12/02/2004 @ 10:04:42, in diario, linkato 1025 volte)
Essere invasi di notizie. Il Presidente con il diritto di nonreplica, con il diritto di monologo, che parla logorroico tra domande puntute magari e attese compiacenti. La ragazzina che si suicida per gli esami, la modella che sfila tredicenne. Domani San Valentino (che bella la poesia, di sti tempi di libri con giornale) Cragnotti che brutta/bella giornata per dirsi laziali. Scompare con il seno nuovo (quando vanno al controllo del letto quella se n'è scappata con tette gonfie e marito). Un articolo meraviglioso su Sette Corsera su Truffaut e Godard.
S. litiga col suo fidanzato e sfuma il cinema post-piscina, post-Bologna ecc. Eh i fidanzati! Eh S.! Ripiego per L'imbalsamatore visto ad angolo piatto del letto. DVD. Che mi piace. Che lui è fuori scala di bellezza. Che lei (io l'ho già vista questa....può essere scena del matrimonio Ultimo Bacio? che dice...quello me lo scopo di brutto?) è efficacissima.
che c'è un progetto di non recitazione (naturalmenti ho visto gli extra) e si vede anche senza nessuna indicazione. Che sto aspettando Primo amore, fervente. Che è bel cinema ma che certo non si può non dire che è un film italiano e che mi ha fatto pensare però all'Egoyan de Il viaggio di Felicia. Che alla fine è meglio essere nonfidanzati e che in ultimo povera S.
E' ufficiale Gambino a Roma. Con questi occhi. L'ho vista. Torno da Bologna. Ovvero vado e torno e in mezzo di tutto. Ma intanto in mezzo c'è il treno e le mie letture saggistiche sulla pornografia...senza fine, in attesa del si stampi di marzo? Intanto c'è un articolo sul Corsera indisponente. Mi spiace per chi lo scrive Giovanni Belardelli ("Il merito dimenticato") ma è grave leggere il 10 febbraio del 2004 che i primari ospedalieri sono scelti in quota partito, sono nomine politiche. Che si sa altre cose, prof di lettere (non dico magistrati se no Quello gongola) cattedre di storia ma... Essere operati alla cistifellea no, da un raccomandato no. Ma un giornalista può essere così ingenuo. Dimenticare o fingere di. Non sapere che è così da sempre. Dico io: E' POSSIBILE. A me sembra più grave della notizia in sé che SI SA, E' COSì DA SEMPRE... Mi spiace per la buona fede di chi lo ha scritto ma è grave davvero averlo battuto sulla tastiera di un PC il giorno 9 o 8 di febbraio Anno Domìni (altro che dòmini) 2004.
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