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 altro...in ushuaia... di Carvelli
 
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L'Amore è l'agire in modo piacevole di udito, tatto, vista, gusto e odorato, ciascuno nel proprio ambito, presieduti dalla mente congiunta con l'anima. Ma in particolare l'Amore è, di quest'ultima, l'adeguata sensazione, pervasa dalla gioia che viene dalla consapevolezza e ricca di risultati, in relazione a uno speciale contatto.

Vatsyayana
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Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
 
 
Di Carvelli (del 08/03/2004 @ 17:17:52, in diario, linkato 1327 volte)
Oggi è così tanto lunedì da. Settimana che inizia con operai casa polvere travi finte siliconature controsoffitti tettoie. Ospedali (non io) centri trasfusionali (io, o almeno vorrebbero) libri da consegnare da leggere pioggia e quindi acqua nei muri e ancora silicone poliuretano espanso sigillature. Oggi è così tanto lunedì da. desiderare la piscina, acqua senza sale, come il lago come la vasca da bagno ma a più bracciate la musica permalosa dell'aquajim e tu che nuoti nell'ombra dell'azzurro, testa dentro silenzio testa fuori stumpastumpastumpa testa dentro silenzio testa fuori stumpastumpastumpa testa dentro silenzio testa fuori stumpastumpastumpa tranne il sabato senza stumpa allora solo acqua, docce, cloro tra i polpasrrelli a morire e nonostante tutto. Andare all'ospedale: tanta strada e tanto dolore fare la conta del tempo sulla vita di chi ami, fare calcoli a lungo termine. Incidente in motorino (altrui)...farli a breve termine. Il cinema, lo sport la dieta il cloro stumpastumpa silenzio acqua dormire in una casa che non è la tua (per emergenza) dormire in un letto che non è il tuo (adattamento) e avere il tempo per accorgersene e avere il silenzio per rendersene conto. Programmare legno e veranda silicone cartongesso. Libro fare interviste scrivere cose nuove. Cambiare cambiare cambiare. Sempre. Oggi è così tanto lunedì da.
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Di Carvelli (del 09/03/2004 @ 09:01:08, in diario, linkato 888 volte)
E' esattamente così. Che se non hai niente per conservare quel che hai sei costretto a riconsiderare quel che ti serve. Che poi scopri che sono davvero poche le cose che ti necessitano e ti tocchi le tasche per sapere se ci sono. E sono tipo il telefonino (che anche lì è bene quanto meno ogni tanto far finta di dimenticarselo per scoprire libertà) il portafogli (eh sì non sono molto mistico!) con tutte le sue carte e cartine per accedere a sportelli bancomat... Vestiti quanti? Libri quali? Aprire la propria borsa come se fosse una piccola casa ambulante e poi fare le prove di scena su un altro letto. Magari dormire vestito per alzarsi la mattina con quell'aria da campeggio, quella precarietà avventurosa da avventurieri di lungo corso. Salire sulla moto e fare strade nuove in direzioni fuoriorario con tempistica al contrario: troppo presto, tutto chiuso, altre abitudini degli altri. Alla fine, quasi per ricavo, sospetatre di essere un'altra persona o quantomeno di poterla diventare. All'occorrenza. Con un sistema di privazioni? Con l'arbitrio della volontà? O solo se costretti? La prova generale è riuscita. Il difficile è renderla scena di fronte al giudizio del pubblico, uno come mille persone assiepate a guardarti.
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Di Carvelli (del 09/03/2004 @ 22:41:42, in diario, linkato 860 volte)

Generalmente la frequentazione degli ospedali fa bene. Non mi riferisco all'uso delle cure né tantomeno alla disposizione verso i malati. Niente affatto. O meglio sì, se volete. Ce l'ho con quella felice conseguenza che ci vuole rasserenati come se ogni passo di corsia tenesse l'annullamento di un pensiero.

                                                

E allora eccoli questi metri e metri a seguire una striscia colorata che ti porterà al reparto giusto. Normalmente la gente si aspetta che all'ospedale si sia fratelli, ci si dia una mano. La gente pensa più o meno così. Dicono (il posto generalmente avvicina due urgenze, due dolori, due bisogni e spesso due impossibilità): questa signora mi aiuterà. Lo dicono persino i maschietti così poco adusi a deporre le scimitarre del faccio tutto da me. E invece alle volte (davvero è raro e lo dico per interposta esperienza) c'è questa donna che davvero non gliene frega niente. Sì poi magari se glielo chiedi ti aiuta ma... Sta due giorni e si è portata (si è fatta portare) non - bada bene - ha affittato ma si è fatta portare un televisore. Due giorni e un televisore. Che già dice molto della mentalità del senso di adattamento e di come ci spaventi da morire perdere abitudini usi ecc. vabbè tutta questa premessa per dire cosa? Che invece l'ospedale offre a chi la sa cogliere l'opportunità di una rilassatezza estemporanea, e così tanto innaturale da parere perfetta, sublime pur conservando penuria, squallore, freddezza. Gli orari anticipati (pranzo 12, cena 18) questi pattinatori o maratoneti di corsia con tenuta pigiama, i colori verdacqua: tutto sembra remare contro e invece? Si tratta solo di perdersi un po'. Magari è un discorso da fuori (di fuori) magari è un discorso da star bene e poi farlo. Magari sono solo belli gli ospedali. Certe volte.

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Di Carvelli (del 10/03/2004 @ 08:57:13, in diario, linkato 910 volte)
Non dico perché e per chi dico questo, ma è illusorio chiamare a raccolta il sociale, i tempi, la società, il clima politico dei quegli anni, l'ambiente in cui sono vissuto, la mia famiglia. In termini tecnico-giuridici queste sono attenuanti (da "attenuare"). Non si chiamano bagni purificatori, cancellini... Ed è semplicemente perché non scagionano, attenuano. E' triste? No, è illogico, illusorio e mendace chiamare a raccolta il passato come per materializzare sabbie mobili nelle quali non avremmo non potuto rimanere invischiati. Dov'è la persona, il libero arbitrio, il volere? E se non è paura e se non siamo altro che pavidi è possibile che non ci accorgiamo di quanto qualsiasi logica non ci fornisca la benché minima base di appoggio? Temo le filosofie del sociale, del gruppo, perché hanno risvolti deresponsabilizzanti e partizioni di doveri (non di diritti). Le filosofie dovrebbero essere fatte da una prima parte dell'individuo e per ricavo di una seconda del gruppo. Il contrario è infantile sofisticazione.
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Di Carvelli (del 11/03/2004 @ 08:03:02, in diario, linkato 770 volte)

 Nella non casa in cui vivo il caffè è un non caffè e guai ad aspettarsi qualcosa di diverso. Il non caffè è il nescafè (nessuna pubblicità volontaria) che in definitiva a parte che andrebbe boicottato come la nutella per la nota campagna antinestlè non è tutto sommato male. Quindi c'è questo non ragazzo con il suo zaino ferrino verde che porta la sua casa, che sta in una non casa e beve un non caffè ed è mattino, questo sì per davvero. Per cui negazione per negazione questo è un non periodo (non un periodo no) per dare voti e stellette ai caffè...ma...se proprio ve lo devo dire credo che non ci sia soluzione migliore moka a parte che farsi il giro dei bar e provare. A volte si scopre l'acqua calda...ad esempio che Illy è imbattibile (ad esempio ieri nuovo caffè al nuovo bar nazionale a via nazionale) salvo rari manutentori di ricettari antichi e miscele con cura...rari. Sempre più spesso vedi questi baristi alzare il gomito dei loro bustoni sul trituratore e alla fine c'è da chiedersi  che chicchi contenga quell'offerta speciale da braccio... Che poi sì si può ripiegare sul caffè alle macchinette... si può...specie se sono nuove, ché di solito i primi caffè che fanno li fanno da manuale salvo poi pisciare nero nei bicchierini di carta, non dare lo zucchero e la volta dopo due, lo stesso coi cucchiaini e salvo spesso però far piasciare caffè fuori dalla tazza del suscritto bicchierino. Ma poi c'è la moka di cui già detto e di cui cos'altro dire se non che è quella casa (in Irlanda mi ricordo un team di giovani napoletani - sembra una barzelletta - a portarsi dietro moka e caffè dall'Italia) non basta un letto un bagno un...

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Di Carvelli (del 11/03/2004 @ 10:43:32, in diario, linkato 945 volte)

Democrazia vuol dire libere elezioni? (chiedono all'economista nobel Sen, oggi cultura la Repubblica) RISPOSTA di Amartya Sen:

"No. Da sole le elezioni non bastano a stabilire una democrazia. Le faccio l'esempio di Stalin, che come è noto otteneva quasi il 100 per cento dei voti, a volte più. In tutti i regimi dittatoriali si sono svolte elezioni, dove la gente andava a votare per paura, non per scelta o convinzione. La democrazia è una cosa più complessa."

Ieri Berlusconi dall'enterteiner Vespa. Senza nessun contraddittorio.

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Di Carvelli (del 12/03/2004 @ 08:15:15, in diario, linkato 1004 volte)

Non è sempre anzi molti l'annullano l'abitudine della quarta con foto (sicuramente meglio la bandella, la III di copertina o l'altra, la II). Eppure fa piacere vedere la faccia che ha (forse bisognerebbe dire la faccia che fa). La faccia che fa. E infatti ci sono dei tòpoi fotografici per gli scrittori. Tipo la faccia pensosa, la sigaretta (s)fumante (in disuso nel post Veronesi/Sirchia), la mano sotto il mento. Delle volte non serve molto perché gli scrittori (che ca va san dire possono essere degli emeriti stronzi) hanno spesso sguardi ricchi di profondità da loro e non hanno bisogno di un fotografo che glielo dica "più pensoso!" (non gli diranno certo "pensi!"). Ma c'è chi ha facce strane e penso soprattutto a chi non c'è più e che magari per uno scarto di anni abbiamo in pochi scatti. Album poveri. Ma poi certo nella sovraesposizione dell'oggi può accadere di tutto. Posare nudi? Farsi fotografare in posti strani ma significativi? O classicamente ancora davanti ad una biblioteca o discalicamente con un libro in mano? pensavo valesse la pena da un po' fare una pagina così poi ieri ho letto D'Orrico su SETTE e mi sono ancora di più incentivato. Si lamentava delle foto brutte di uno scrittore nuovo (con simpatia criticava il non togliersi il giaccone, semplice accorgimento che avrebbe dovuto sospingere almeno il fotografo) ma interessante nonostante l'aria da Pierino (il pierino toscano e riccioluto che sostitui Alvaro Vitali di cui non ricordo il nome) della foto. Il dilemma: metterla o no metterla? Il sospetto: si pubblicano facce non libri, facce interessanti accattivanti affascinanti, personaggi scatti servizi di moda...

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Di Carvelli (del 15/03/2004 @ 10:32:06, in diario, linkato 1053 volte)

Prova di carattere della Spagna che non cede alle lusinghe dell'ATTENTI AL LUPO e annuncia di voler ritirare le truppe dall'Iraq. Ci auguriamo tutti che rafforzandosi il fronte della politica fatta senza soprusi si riesca a riaprire un dialogo fruttuoso (non di interessi petroliferi) con il medioriente. Fanny Ardant (dire bella sembra un incidente di significazione) dichiara in una bella intervista a proposito di L'ODORE DEL SANGUE film di Martone in uscita da Goffredo Parise postumo, un libro che sicuraemnte nelle mani del regista napoletano avrà suggestioni e sensualità, colore appunto. La Ardant dichiara di credere nell'amore eterno ma di considerare il tradimento non una colpa: "Non ho mai dato importanza alla fedeltà. E non ho mai capito perché all'infedeltà siano legati tanti drammi. La fedeltà non merita ammirazione e l'infedeltà non giustifica lo scandalo." I drammi è probabile non sono legati all'infedeltà ma alla sua scoperta (fattore esterno) o al senso di colpa (sua mancata sublimazione interna).

                                              

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Di Carvelli (del 16/03/2004 @ 08:03:33, in diario, linkato 954 volte)

E’ un po’ un periodo di delusioni al cinema o di contenute emozioni. Non mi entusiasma Tim Burton (fa molto fico dire il regista in luogo del film sottintendendo “l’ultimo di…”…): un filmetto piccolo di quei B-movie americani che di solito proietta TVR-Voxson circuito 7. Un film con emozioni (appunto) telecomandate e con effetti tutto sommato di poco peso e mi viene un po’ di nostalgia pensando a quanto ancora dovremo attendere un nuovo dei F.lli Coen premiata ditta divertimento, azione, contenuti…in una parola (e non per essere didascalici) CINEMA. Colgo dei segnali di novità (soprattutto nelle riprese ed in una recitazione circolare che i due registi dicono aver realizzato grazie al palcoscenico continuo di tre camere digitali) in MOVIMENTI che però ha una faccia altezzosa spocchiosa e autocompiaciuta tipica degli intellettuali che fanno cinema pensando ai critici che li guarderanno. Nonostante questo è ben recitato dalla coppia Dazzi-Gifuni

                                      

                                                   

e da un duo che mi piace ma faccio ammenda non li conosco (per capirci i due che hanno l’affare pugilato in corso). Come ci viene da dirci then anche grazie al prodigioso intervento critico di un ragazzo che ritorna sui propri passi per intervistarci (a me sembra una piccola comparsa del film stesso, ma non approfondisco) e come segnala Super Antopat un film piatto dove i personaggi alla fine sono migliori di quello che erano prima (in base a che…) chi non suonava il sax ora lo suona con compiacimento (è l’elemento di spicco del film e nonostante la contiguità di anni non mi entusiasma ma mi attrista e m’incazza), chi non si ama però si sposa perché aspetta un figlio o si riprende la sua non-donna per orgoglio di razza (e qui ci siamo… siamo così tanto spesso noi quei cazzoni inetti che manco Svevo… davvero un grande il triestino, ci ha fatto l’oroscopo a lungo termine)… Insomma senza che succeda nulla a parte una notte (ma è proprio quello… una notte che li cambia…ma vaffanculo) … Insomma la Dolce Vita anni 2000 non ha nulla a che vedere con quelle sere tormentate e vaghe e con Fellini e Svevo chiuderei con due inviti alla profondità e alla non-indulgenza degli artisti. Ieri all’IKEA fino alla chiusura musica bassa e dolce: canzoni d’amore e riciardclaiderman per indurci in un clima sereno e speranzoso di arredamento alla coppia e all’acquisto affettuoso nonostante noi inetti anzi soprattutto perché inetti. Incredibile la presenza di coppie ultragiovani… Ci hanno venduto anche lo stare insieme?

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Di Carvelli (del 18/03/2004 @ 08:07:24, in diario, linkato 957 volte)

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