Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Tre film nelle sale. Quello di Tornatore, La migliore offerta, parte bene: sontuoso, regolare, ben recitato. Costruisce suspance ma poi, per un errore di struttura, muore sotto il peso dell'attesa che ha creato. Non riesce a effettuare lo snodo necessario e si affida a un piccolo dubbio instillato nel personaggio e in noi. Ed è davvero una leggerezza per tanta ben montata struttura (come una crema che se cambi il verso si smonta). Peccato, il film sarebbe stato bello (anche se ricorda altro). Quello di Ang Lee (Vita di Pi) è un film che un tempo si sarebbe detto "per ragazzi". Un genere (anche merceologico) superato. Film, contrariamente alle premesse, stupefacente. Poco utile il 3D. Splendido il lavoro sulla Natura. Anche a dispetto della morale (o della predestinazione che sollecita). Un particolare: la tigre che non si gira. Non lo fa perché il senso è che non lo faccia. Non è umanizzata ma funzionalizzata. E questo deve bastare: in questa scelta c'è il senso della rischiosa coabitazione tra umano e animale (negli insegnamenti anche del papà). Il film di Anderson (The Master) è ad oggi il film più bello della stagione (viva Mereghetti e abbasso Escobar!). Con una forzata (o forzosa) morbida violenza: quella del culto e delle sette. Del Maestro e dei non-allievi. Quella della creduloneria vs fede. Anche se non è così facile fare 2+2 dell'aspetto "malato" dell'adesione a un culto nuovo e creato all'occorrenza. Onestamente? Generosamente? The Master è un film che merita molto come molto offre. Dagli attori in stato di grazia al regista di grande spessore. Un film di intenzione ma non per questo schematico né "a prescindere" o "per definizione". E questo è un merito che bisogna saper leggere e riconoscere in chi sceglie di caratterizzare e, per questo, rischia di semplificare.
Sono grato all’attesa e alle sue sale, nessun luogo è casa mia più di quella del dentista. E’ lì che trovo pace per quello che non c’è: si giustifica da sé la mia presenza. Tamburello quanto voglio e leggo solo di sciocchezze. Non mi chiedi d’essere altro che quello che non sono: arcata e premolari mandibola e dentina. E’ ben visto che stia poco e pensi a nulla. Ho diritto alla paura, mi fai carico leggero di un’innata codardia. Posso attendere impaziente anche quello che non voglio. Un corpo aspetta grato a bocca chiusa.
Da Pozzanghere di Filippo Strumia, Einaudi
Salvatòre: con la o larga e lunga. Un libro scompaginato. Il caffè che sgocciola dalla guarnizione. Il suono di una voce che leggi solo scritta ma che ricordi. Una foto troppe volte piegata da non essere più una foto. Una particolare forma di silenzio (e non sai spiegare quel "particolare"). Il fustino del dixan coi giocattoli. I sogni veri come una veglia. E la sveglia, quella che scampanellava. I giornali che scrivevano mucillagine (era giusto con una sola g?). Il titolo di un titolo che non ricordi. La mano che prendeva appunti all'università. Scoprire di non vedere lontano e dover strizzare gli occhi. Una cosa o una persona di cui scopri di non poter più fare a meno. Più o meno questo.
Vorrei conoscere gli operai delle cave quelli che cavano i nostri pensieri e sanno davvero usare la benna, quelli che aprono lunghi cunicoli dove non siamo mai stati e nemmeno sapremmo entrare. Forse hanno le mani sporche e anche i loro sindacati Vorrei conoscerli perché di certo non amano il padrone né lo odiano. Lavorano come noi un po’ di traverso. Ognuno fa la sua parte più o meno, ma chi si preoccupa se il prodotto è finito? Gli addetti alla consegna non sono responsabili, cosa c’entrano loro se il sogno è scarso? Come vorrei parlare da uomini e andare con loro all’osteria un po’ di vino, calcio e allegria, vorrei mostrare che sono simile a loro non sono migliore non sono un padrone. Sono quello che loro mi danno sassi grezzi e pensieri a volte buoni oppure solo un po’ d’argilla e terra bagnata, ma che farci? Non sanno come mi sento solo e come vorrei essere loro amico. Non sanno che simpatia mi fa il loro mondo scanzonato. Strizzo l’occhio anche allo sciopero che mi lascia senza parole. Io non merito davvero un’altra dedizione, lo so che sfrutto il loro sudore e quando dal fondo esce una gemma non so neanche chi ringraziare.
da Pozzanghere (Einaudi)
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