Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
E' una poesia. Di Gottfried Benn. Il titolo emblematico. QUELLI Sì SONO UOMINI. E dice: "(...) Infinito è l'affanno dei cuori/ e universale,/ ma se quelli abbiano/ (fuori del letto)/ mai amato,/ bruciando, struggendosi, come deserti assetati/ d'un succo di pesca per il palato/ da una bocca lontana,/ naufragando, annegando/ nell'incongiungibilità delle anime -/questo non lo sappiamo, neppure/ al cameriere possiamo chiederlo,/ lui che al registratore di cassa/ segna la nuova birra,/ avido del tagliando,/ per estinguere un'altra sete,/ diversa sì, ma profonda."
Ieri ho visto LE RICAMATRICI un film che mi ha fatto pensare a quanto la solitudine sia una condizione soggettiva. Orribilmente e oscuramente soggettiva. A quanto breve sia il passo invece ad un'oggettiva unione (la cui percezione rimane purtroppo soggettiva). A quanto l'universo F sia una meravigliosa commistione di forza e amore solitari. E non perfetti, e neppure coerenti ma terribilmente e saldamente importanti nelle scelte fatte e da fare, soprattutto quelle che hanno a che fare con la vita. Per esempio: a cosa pensa una ragazza per quanto giovane mentre sta per fare l'amore? A cosa un uomo per quanto adulto? Quale è un atto creativo e quale un atto amoroso? E quali sentimenti debbano muovere l'uno o l'altro? Per l'uno (M) e per l'altra(F)? Domande da fare al cameriere.
Leggo in estasi di profumi e colori questo libro.
Si dice di orfani e volatili, di fughe e di perdite. In una lingua clamorosamente viva e pregna. Un libro che potrebbe stare con voi anche sotto l'ombrellone o nelle pieghe di un qualsiasi caldo estivo. Per sognare.
Mai visto? Mai sentito? Grave. Soprattutto mai sentito. Pag.15 de il manifesto lo celebra oggi. E fa bene. In concerto è superlativo anche in una giornata come quella dell'altro ieri di raucedine e fresco (sempre rapprtato alla stagione) improvviso. Roy non sta mai fermo ed è sempre disponibile alla chiacchierata. E' un artista comunicativo, politico, coraggioso e infaticabile. Una sera siamo anche finiti a berci una birra insieme in un pub con gli amici ed è un racconto di altri a riprova di quel diaframma semplice del successo (senti come suona 'sta trombetta!): fare e suonare, dire per affermare. E tanta energia, davvero tanta. Da vedere e sentire.
Siamo sotto la casa di un amico. Io P. e F. Avete presente il mondo di Amelie? Quando alla povera bimba viene fatto credere che procura disastri? In positivo sembriamo noi. Siamo lì che chiacchieriamo e un’autista scampanella ad un ragazzo di zaini strabordanti. Din din din e quello nulla (avrà pensato che lo volesse prendere per il culo). Din din din (i tram, più meditativi, hanno questo clacson campana tibetana) e lo invita a salire. E quello “ma non ho il biglietto” e l’autista (l’autobus è vuoto) “sali lo stesso, non ti preoccupare”. Forse gli d° uno strappo fino al deposito. Dopo due minuti si ferma una macchina e ne scende un ragazzo (con una donna, la mamma). Da un’altra un uomo. Lei a lui: “ricordati di dargli le medicine…. Blablabla” Okkei okkei. Risale sull’altra macchina. Io P. e F. parliamo dei figli dei separati. La magia risuccede. Dalla macchina di lui (ora con il ragazzo) nessun rumore di motore. Ferma. E fermano la mamma che scende. Segue un’ora di cavetti e tentativi di accensione. L’incidente sembra scaldare un pavimento di ghiaccio. Come se si stesse sprigionando una comunicazione nuova da questa interruzione. Un’ora e si riparte. Sarà successo qualcosa nelle loro vite? Chissà se avessimo continuato a parlare Io P. e F. là sotto quella casa che sarebbe successo ancora. È che succedono sempre tante cose senza che ce ne rendiamo conto attorno a noi.
Utilizzo un poco di spazio di oggi per fare professione di fede. Fede anche in Kafka e nella sua prosa conturbante. Il miglior estensore di metafore moderne e ce n'è di contemporanee. Ma la linea che segue lo scrittore di Praga è di certo capitale. Vuoi perché in un'era di mezzo, un medio evo di sicuri sviluppi a cui non possiamo non guardare con attenzione e riconoscenza. Kafka. Oh Kafka. Leggevo recentemente un racconto. UN DIGIUNATORE. Un racconto del febbraio 1922. E a ripensarci. Oggi. Non in questo post-bombe e caccia ai responsabili (ovunque essi siano), né in questa deriva di fanatismo. O non solo in quello. Il fanatismo a cui faccio riferimento io mi circonda. Ci circonda e non è intonato dai muezzin. Punto. Cercare di essere superumano è un po' il credo e la mission (per dirla in una trasversalità economica) di ogni religione. Ma quale è il super? E siamo sicuri che non sia un sub? Io preferisco AL MEGLIO DI più che un sopra e un sotto. Ma sono circondato anche nella serena atmosfera di un luogo di lavoro o di una amicizia da una deriva verso il super. Il preteso super. Un super che fa essere sub. Sub umani. Aggressivi. Sterminatori e portatori di culture superiori e di stragi (non al tritolo, no). In questa mattina mi domando se voglio essere un digiunatore al soldo di un organizzatore di digiuni o del pubblico. Un artista di magrezza seppellito dalla mia stessa lotta alla resistenza. E ha senso privarsi di cibo nella facilità di un poco appetito per le pietanze? Essere super-umani non ci farà diventare sub-umani? Non sarà meglio essere umani, molto umani e non digiunare una morte ma mangiare una vita senza per questo dilaniarla?
Di Carvelli (del 15/07/2005 @ 09:22:18, in diario, linkato 1156 volte)
Alzarsi in piedi. Farsi la colazione o farsela portare (antiche forme di schiavismo da alcuni chiamate matrimonio da altri amore). Lavarsi i denti. Fare ginnastica. farsi piovere addosso l'acqua calda della doccia o le gettate fredde del rubinetto, solo sul viso e con sbuffi. Accendere la radio o la tivvù. Ravviarsi i capelli. Dire buongiorno a qualcuno. O no (non dirlo, non avere nessuno a cui dirlo, rimpiangerlo come una ricchezza o una malattia che non si ha). Uscire e andare. Vestirsi lentamente o curarsi a lungo. O rimanere a letto ad aspettare l'illimitata ottusità delle sveglie e il rischio del collasso anti-lavorativo.
Rimango ogni volta stupito del tipo di richieste che annunciano l'ingresso nel mio sito:
innamorarsi di un altro / il costo di un maltese di razza piccola / come riconoscere i funghi delle unghie / stivali in gomma a roma / lezione di baci/ consolatio ad uxorem
Ieri due ragazzette (25?) discinte e tatuate mi hanno attraversato la strada obbligandomi alla fermata con una sfacciata allegria e un "grazie" a seguire pieno di fili. Parliamo di donne e di nuovi stili di vita. Mi sembra che il margine tra il grottesco e il meraviglioso sia davvero insensibile per molti. Intendo: che alle volte, nell'eco dellka pubblicità ci si senta vorticosamente e irrinunciabilmente spinti verso il coraggio, l'aggressività, l'intraprendenza. Da cui: non è casuale né raro essere corteggiati e interrogati da una fanciulla o una donna con aria seduttiva e divertita dal proprio nuovo ruolo. Non è raro e non è spiacevole. No. Divertente, allegro, spiazzante male che vada. Quindi bello. Ma il ma è rappresentato da quella sottile linea che spesso rende grottesca e perciò ridicola la stessa libertà per cui ci emozionammo e divertimmo in premessa. Non sappiamo cos'è. E' un passo sbagliato? Una frase detta male? Con poca convinzione? Con troppa ironia? Non definiamo. Ma capiamo all'impronta che il giocattolo è finto, fasullo e presto tra le mani ci risulta noioso o gli cresciamo attorno velocemente al punto da volercene separare quasi subito. Non era il caso delle due venticinquenni.
Ho mancato di segnalare un interessante viaggio di Leonetta Bentivoglio (qualche giorno fa su Repubblica) nella Salisburgo di Thomas Bernhard. Un bel racconto di percorsi letterari. Interessante, ben scritto, corposo. Il dispiacere di non averlo conservato. Sabato su Alias (a recensione di un recente Guanda) un interessante profilo del flâneur nel magistero dei Passages di Walter Benjamin di Emanuele Trevi (che rivendica - e bene fa - il diritto ad un passaggio della stessa natura della quinta troppo perfetta di Roma). Ora che per qualcuno si apprestano le vacanze e i viaggi è forse utile ricordarsi al di là del consueto ritornello turista o viaggiatore come di una qualsiasi corona di passi si possa fare avventura. Anche per il sottoscritto, convinto alla fatidica estate romana, si aprono passaggi (si spera) segreti o non consueti (che spesso vale come segreti). Senza timore dell'immortalità: il tutto scorre e il deperimento saranno il grimaldello per non sentirsi zero sotto le tre cifre (da quando iniziamo a contare? Che dite?) della storia umana.
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