Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Settimane fa un'associazione - "Hospite" - mi ha chiesto un racconto breve sullla caffettiera che è stato esposto e letto il 7 febbraio 2004 a Villa Lagarina (Tn) - via Degasperi, 28 loc. Pederzano tra le 16°° 19°° e che poi andrà a formare un catalogo. La prosa è questa:
Tradizione e perversione
Ci sono regole anche se questo non è un gioco. Perché è serio il ruolo ed è totem delle case la caffettiera. E’ il punto cardinale che indica il mattino. Talvolta un rito collettivo se la tazza non è una ma molte. E allora la torre di acciaio svetta e cambia il suono del caffè che sale lungo il cilindretto dell’interno con gorgoglii cavernosi e il filtro può contenere un quarto di una confezione da caffè e l’ho visto con questi occhi e queste mani per fare caldo un set di Napoli in qualità di tuttofare. Come so – sempre da stasi napoletana – che una caffettiera è anche un mistero del sempre acceso, del sempre in opera. E alla fine nel vuoto della casa, di una casa piena di gente e cose, sempre una palla al centro della cucina. Sempre fumante come se un temporizzatore magico producesse quel nero caldo di ogni ora. E questa è tradizione. Come lo sono il rito dello sporco, del non lavato ed è l’unica stoviglia che ha un privilegio simile in una cucina. L’unica che non può stare ferma mai. L’unica che ha bisogno di lavoro continuo per essere in forma, come un calciatore, uno sportivo. Per la perversione bisogna aspettare perché l’infrazione qua costa cara e allora chi fa del primo caffè crema con lo zucchero o nasconde un pezzetto di cioccolata nella polvere del caricatore è uno che gli va di scherzare e comunque è un una tantum. Ma alla fine contano più le regole, la tradizione, l’atto del tramandarsi e anche qui siamo nella rarità dei punti fermi. E anche se l’esercizio dei disegnatori è pregevole non morirà mai il nero della C in grassetto del manico, quello del diamante che alza il coperchio, e i due prismi che si avvitano tra di loro per fare di un principio fisico la droga da cui mai disintossicarsi.
Di Carvelli (del 19/02/2004 @ 07:47:52, in diario, linkato 1259 volte)
Sì mangiare... intanto come. Semplice? In che senso? Sapori antichi? Ah ho capito! O almeno credevo. Credevo di saperlo prima di mangiare alla Locanda del Gambero Rosso a San Piero in Bagno. Ho una speciale considerazione per Raspelli, un mito e mi piace leggerlo al sabato su TTL de La Stampa, come leggo Petrini sempre lì e su Lo Specchio. Mi piacerebbe avere la loro abilità di recensione. Eccomi qui che non so da dove partire per raccontare questa fantasia di cappelletti, basotti, tortelli alla piastra, passatelli, tortino di tagliolini, agnello in umido, bollito servito a striscette coem antipasto, la salsiccia pazza... Eccomi qui con l'idea di aver partecipato ad un rito di sapori antichi celebrato da sacerdoti moderni e consapevoli del tempo. Pregio della trasmissione patrilineare: nonni figli nipoti. In tempi d'improvvisazioni e di mode non può non notarsi questo accordo perfetto. Scandito dalla soave voce di chi ci spiega tutto, piatto per piatto, sangiovese per sangiovese. Ho una speciale considerazione per Raspelli per cui ho chiesto (avevo visto la recensione all'ingresso) come funziona Raspelli. E funziona che arriva all'improvviso, preannunciato da un cognome locale e prenotazione per due. Per stornare belle accoglienze e sorprendere i cuochi nella media non nell'eccesso dell'esibizione. Spero di tornare.
Mi sembra banale dire (ma finora non l'ho sentito da nessuna parte e leggerò oggi i giornali per verificare) che la posizione del riformatore Kathami ora pesce in barile, sia in crisi di slancio democratico essenzialmente per la politica estera USA. Non credo che in un paese mussulmano oggi come oggi sia facile incoraggiare alle riforme. Dopo bombe, attacchi preventivi o presupponenti (atomica ecc.). Se c'era una speranza ad oriente forse ora non ci potrà più essere e temo che qualcuno abbia responsabilità senza che se le senta. Scenari di guerra e marcia indietro.
Di Carvelli (del 22/02/2004 @ 22:34:46, in diario, linkato 3225 volte)
Il fatto è questo. Che un po’ per curiosità e un po’ perché carnevale è e ce lo dice la mitica banda del circo prenestino, itinerante per Pigneto che si va a Teatro. Che è un fatto ahimè raro per me (essenzialmente il costo, essenzialmente perché prima lavoravo di notte e quindi…) insomma si va a teatro. E si va a vedere la Cescon, fondamentalmente. E fondamentalmente perché se abbiamo pensato che “primo amore” tutto sommato era un bel film era per lei, non per la sola bella fotografia. E a teatro è vero è brava. Molto. E anche il suo coprotagonista Malosti (anche adattatore e regista dello spettacolo).
Bravi due. Ma il fatto è che il teatro più dl cinema è il luogo della tradizione e a cinque “succhiacazzi” e “stronza” una signora anziana nel buio ha detto “gli stronzi siamo noi che rimaniamo invece di andarcene” e doveva sentircisi pure tanto è vero che è rimasta fino alla fine. Un’altra per dire se n’è andata e alla fine davanti a noi quattro signorette che si sono sbellicate (invece) hanno contato cinque. Cinque defezioni. Noi invece non si sapeva dove guardare. Se sul palco di INVERNO di Jon Fosse o nella platea del Piccolo Eliseo dove era in scena la irritabilità e la simpatia. Ci siamo un po’ divisi dando voti alti agli attori e alle signore prospicienti e un po’ meno al testo che comunque oltre il turpiloquio e grazie ad esso aveva tante cose da dire. Tornando alla Cescon, il tesoro si è davvero dimagrita e verrebbe da mandargli teglie invece di fiori nel camerino. Le gradirebbe?
Di Carvelli (del 23/02/2004 @ 09:50:57, in diario, linkato 1020 volte)
Sì io c'ero. Davanti alla tv dico. Ieri sera, intendo. Con Mister B. a straparlare - ma peggio sono stati i deferenti giornalisti mazzettari che lo lasciavano disarginare. C'ero e non sapevo se piangere o se ridere come succede da sempre da quando Mister B. ci delizia con barzellette e trastulli vari. C'ero e ridevo come si ride di un ragazzino che fa lo spiritoso senza rendersi conto delle implicazioni. C'ero e mi sono gelato adavnti alla telefonata dell'Annunziata che è stato come un secchio d'acqua gelata sulla superficialità adolescenziale che ci faceva dire ma guarda questo. E' stato il fratello maggiorie, la sorella, l'adulto che ci diceva...ma vi siete accorti? No, non ci accorgiamo. Molti neppure ora. Eppure la gravità deborda. Ecco il problema dei ruoli. Ecco l'incompatibilità delle cariche. Delle cariche in apparenza alienate da sé e invece... Siamo alle corde... alle corde mentali di questo processo di consenso assoluto, di assenso preventivo che chiamare regime è poco, perché evoca scenari diversi, troppo diversi. E troppo più chiari. Qui siamo alle corde e sono corde diverse, quelle dello spegnimento del cervello a cui tanto aiuta il mezzo televisivo. Sulla deferenza altro da dire ma...
Di Carvelli (del 24/02/2004 @ 11:55:40, in diario, linkato 1063 volte)
Vorrei trovare un motivo qualsiasi per dire che sabato io e il mio fratello genovese non abbiamo perso tempo e soldi ma non lo trovo. Ci provo ma non lo trovo. Perché davvero abbiamo perso soldi, davvero abbiamo perso tempo. Davvero. E abbiamo perso soldi (noi e altre sei persone) per essere andati a vedere "La rivincita di Natale". Un film che non si può consigliare nonostante sia figlio (e seguito) del bellissimo "Regalo di Natale". Un film assurdo con una visuale della vita, della donna, dell'amicizia mortificanti. Non sono io che devo fare lezioni di bon ton... no no... ma certe femministe scatenate potrebbero sprecare strali per questi film non per altri magari che fanno oggetto una donna di oggettività... ma è così che alla fine la visuale mortificante di cui sopra è anche abbastanza ingenua e coglionciona e quindi di che strali parli? a cosa sprecarli? Che cosa potevamo fare invece che buttare euri in minchiate bolognesi (s'intende Bologna non è oggetto del mio dissenso), opportunismi stantii... davvero ora mi sembra tutto... magari anche andare a vedre un Verdone che tutto sommato magari ti tira fuori due battute divertenti... Comunque alla fine siamo stati insieme dopo mesi e fa piacere così... Certo l'irritazione era tanta alla fine ma dopo stavamo in una casa molto famigliare con bimba piangente, universi sconosciuti alle pareti domestiche mie. Certe volte è bello essere in questi altrove in cui ti senti altro ma tutto sommato stai bene. Una sensazione di condivisione molto generica che ti fa dire ecco, questo è un tipo di vita che esiste, che c'è, che è così ed è bella perché ha queste caratteristiche qui. Forse alla fine di tutto quello che c'è resta la maggiore o minore giustificazione. Il fatto che tutto sia in tono, che abbia un senso armonico. Ecco, in fondo, questa è l'armonia che ti fa approvvare apprezzare applaudire vite tanto diverse sollevandoti dal sospetto di indecisione, incertezza.
Di Carvelli (del 25/02/2004 @ 07:59:35, in diario, linkato 1063 volte)
Sabato su TTL Stampa, un articolo recensione sugli odori firmato da Mirella Serri. Dritte di lettura che ci porteranno in libreria a sperperare denaro: la saggistica è diventata davvero troppo cara (vedi Feltrinelli per capire, con la sua serie rossa all’apparenza economica e poi da salasso). Riguardo agli odori alla deodorizzazione dei tempi moderni, alla perdita dei grandi profumi culinari del mattino, quello delle famiglie di una volta e qui – nella mia zona – trasferito nelle famiglie non-italiane ci sarebbe tanto da dire.
E dico questo asserragliato dall’odore del cloro trai polpastrelli del mio ritorno pur docciato dalla piscina, l’odore del sigaro della casa già dal primo mattino, così, una specie di allarme-disincentivo amicale e dall’altra un piacere riservato. Ovviamente l’articolo metteva in risalto la pur facile identificazione odore/sesso, la qual cosa viene naturale come con il cibo. Ma anche l’odore dei soldi: carta speciale che infatti non ritrovi da nessun’altra parte. E carta per carta ecco il libro, acquistato con la mente e con gli occhi (ah le copertine!!!) e poi conosciuto con l’olfatto. E il giornale di primo mattino. Da oggi ho ripreso la caffettiera dopo un black-out da bollitore elettrico e the al bergamotto solidale. Se ne sarà accorto qualcuno, lungo le scale della nostra mancata casa comune? Forse no, si saranno accorti solo che l’antico toscano regna ancora e la casa comune stenta ancora. Perciò.
Di Carvelli (del 25/02/2004 @ 14:26:47, in diario, linkato 1030 volte)
Delle volte ti capita di entrare in un ex-cinema - non dico dei bingo... e chi ci va!? ma magari di un supermercato - e ritorni in un posto in cui hai memoria di film bellissimi o di film punto. Ti muovi come per riconoscere la sala che fu. Alle volte lo fai anche con le mutisala. E ti domandi: questa è la metà di quella? la sua parte superiore? Vorresti risentire l'odore dei popcorn, ritrovare il buio e la luce della maschera (e magari sei l'ultima generazione a ricordare quelle lucette basse che si muovevano a passo di donna e tacchi), il passo fosco che guidava ai bagni, le tende di velluto (quasi sempre rosse come se fosse cliché) pesante o le porte a saloon, quei lampadari che c'erano (e ci sono ancora ma raramente) e i biglietti strappati a formato autobus. Ti sembra di risentire frasi, dialoghi battute. Magari è tutto ancora lì, nell'aria dei capi delicati, delle offerte speciali, dei banchi pesce. magari no, magari sono solo voci che senti tu, magari stai male ed è bene andarsi a far vedere da uno bravo. O no. Meglio andare al cinema e non pensarci.
Di Carvelli (del 26/02/2004 @ 08:16:54, in diario, linkato 11286 volte)
Edizioni e/o “In culo oggi no”. Così, tanto per rimasticare l’assonanza che ha reso ilare il mio Capo. E’ un libro di Jana Cerna, la figlia della famosa Milena di Kafka, nata 1928. Un librino sull’amore del corpo di tono alterno sull’alterno dei materiali narrativi. Alla fine si salvano le poesie tra le quali quella che ispira il titolo della raccolta che mischia intimità e quotidianità, stima e adesioni: “In culo oggi no/ mi fa male/ E poi vorrei prima chiacchierare un po’ con te/ perché ho stima del tuo intelletto/ Si può supporre/ che sia sufficiente/ per chiavare in direzione della stratosfera.” O: “Le fiche si cuciono su misura/ e al sarto gli si dice/ Mi ci metta una fodera di seta/ e non metta bottoni/ Tanto la porterò slacciata/ Si cuciono quindi così/come la biancheria da uomo.” Si salva ance la “Lettera” di Honza che termina con un repertorio invidiabile di affezioni del corpo ma principia con un invito alla non ragionevolezza (“difendetemi dalla peste dal tifo e dalla ragionevolezza”). E ora “L’amore molesto”.
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